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Fallimento negozio “Vog”, Senatore condannato per bancarotta

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Condanna a due anni e quattro mesi per il patron di Vog Sabatino Senatore, accusato di bancarotta fraudolenta. La sentenza è stata emessa nel tardo pomeriggio di ieri dal giudice per le udienze preliminari Renata Sessa. Per Senatore, ex segretario cittadino della Confcommercio e membro della Camera di Commercio, processato con il rito dell’abbreviato condiziano, il pubblico ministero Vittorio Santoro aveva chiesto la condanna ad un anno a quattro mesi.

Per il pm le uscite di denaro quantificate dalla Procura in circa 780mila euro avrebbero contribuito a svuotare le casse della società danneggiando i creditori e provocando un rilevante danno patrimoniale.

Nello specifico, sempre secondo le accuse, Senatore avrebbe distratto fondi per 180mila euro nel 2008 ed altri 599mila euro nell’anno succcessivo giustificando tali uscite con l’annotazione contabile di un rimborso a soci di finanziamenti che erano stati fatti in conto di un futuro aumento di capitale e che nel frattempo servivano ad incrementare non le quote nominali ma il patrimonio della società.

Al contrario, per gli inquirenti, la restituzione di quei soldi sarebbe stata decisa con l’obiettivo di sottrarli ai creditori che non li avrebbero più trovati quando la «Vog srl» venne dichiarata fallita (nel febbraio 2013) con un passivo di oltre un milione di euro.

Con Sabatino Senatore (che ha amministrato la società dal luglio del 1994 al gennaio del 2012) era imputata anche la moglie, amministratrice fino alla data del fallimento. La donna rispondeva solo di un illecito fiscale, per non aver versato parte dell’imposta sul valore aggiunto. Il giudice l’ha prosciolta.

Sotto il profilo penale si è giunti ad una prima decisione. Ad un punto fermo che sancisce la responsabilità, non definitiva, di Sabatino nel reato di bancarotta fraudolenta. Una sentenza di primo grado alla quale si è arrivati con il giudizio abbreviato, proposto dal difensore del commerciante, l’avvocato Marco Martello .

La difesa ha scelto la via giudiziaria “breve” che evita ulteriori approfondimenti probatori e consente, in caso di condanna, la riduzione della pena fino a un terzo. Ora si attende il deposito delle motivazioni della sentenza per valutare l’eventuale ricorso alla corte di Appello

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