Un anno da Rigopiano. Fidanzata di Feniello: ”Il futuro? Non lo vedo più”

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Oggi è un anno da quel drammatico 18 gennaio 2017 dove una valanga travolse l’Hotel Rigopiano in Abruzzo dove morirono 29 persone con altre 11 che riuscirono miracolosamente a salvarsi tra i quali dei bambini. Francesca Bronzi e tra quelle miracolate e ha compiuto 26 anni il 13 agosto, ma la sua seconda vita è iniziata il 21 gennaio dell’anno scorso, quando è stata salvata dopo 58 ore accucciata con le ginocchia al petto sotto le macerie dell’hotel Rigopiano. Una vita che oggi è un’altra vita, da dove Francesca, che lì sotto ha perso il fidanzato Stefano Feniello originario di Valva nel salernitano, non scorge più il futuro ma almeno dopo un anno ha ricominciato a vedere il presente. «Stefano è sempre con me, lo sento vicino, per qualsiasi cosa». Così racconta Francesca in questa intervista rilasciata al Centro quasi sotto voce, dopo un anno di silenzio e nel corso di un cammino che sta ancora facendo.
Francesca che cosa ha fatto in questo anno?
Ho ripreso a studiare. Mi sono iscritta alla biennale di Scienze motorie, in un’altra città. Ma non è semplice. Anche tornare sui libri. Dopo la laurea triennale a Chieti avevo altri progetti, mi ero messa a lavorare.
Come è stato questo anno?
Ci sono state tante fasi, tra il non voler vedere nessuno e il farmi forza cercando di accettare quello che era successo. Un percorso tra il tentativo di accettare e lo stare male.
Chi le è stato vicino?
La famiglia, gli amici. Mi hanno dato tanta forza. Anche alcuni vigili del fuoco. Loro non mi hanno solo salvata, hanno continuato a starmi vicino anche dopo, come fossero amici. Sono stati la mia gioia più grande. Perché magari, per gli altri la gioia di uscire da lì è stata quella di ritrovare un parente, la famiglia. Io, invece, avendo perso Stefano, la gioia l’ho ritrovata in loro, gli unici che mi facevano uscire un sorriso.
Che ricordo ha del primo contatto con i soccorritori?
Quando ho sentito la loro voce. Non riuscivo più quasi a parlare per l’emozione. Una gioia troppo grande dopo giorni di assoluto silenzio. Da allora per me sentire la loro voce è sempre rassicurante. Anche adesso.
Ha parlato di un percorso, si è fatta aiutare?
Sempre. E sto continuando.
Quando ha saputo che Stefano non ce l’aveva fatta?
Un bel po’ di giorni dopo.
Ma è vero che sareste dovuti partire il 16 per tornare il 17, e poi avete posticipato di un giorno?
Sì, avevamo rimandato la partenza perché anche a Pescara c’era troppa neve in quei giorni. Il 17 gennaio festeggiavamo il nostro anniversario e il compleanno di Stefano.
Come vi siete conosciuti?
Io ho sempre avuto la passione per il ballo, volevo iniziare i caraibici ma non avevo un partner. Chiesi al proprietario della palestra e lui chiamò Stefano che era un suo amico.
Com’era Stefano?
Gli volevano tutti bene. Una persona buona proprio. E poi Stefano era indistruttibile, una roccia. Come forza fisica ma anche come carattere. Quello che decideva faceva. Affidabile, con la testa sulle spalle. Aveva una voglia di vivere incredibile, gli piaceva fare tutto, era uno sportivo, un lavoratore, spiritoso nonostante fosse una persona molto sensibile e riservata. Adorava le nipotine, da morire. Pensava sempre a farmi stare bene. Lo sento sempre vicino, per qualsiasi cosa.
Come mai eravate andati all’hotel Rigopiano?
C’erano stati diversi nostri amici e ci avevano detto che era molto suggestivo, soprattutto con la neve. E lui mi fece questa sorpresa. Me l’aveva rivelato solo una settimana prima.
Ma arrivò tutta quella neve.
Sì, mio padre era un po’ preoccupato, ma inviammo una mail all’albergo, se potevamo andare e ci risposero che la strada era pulita e bastava avere catene e gomme termiche. La macchina di Stefano, non so come, non ha avuto bisogno delle catene.
Quando avete avuto la percezione di essere prigionieri dell’albergo?
La mattina successiva, non si vedeva più niente per la neve, non potevi neanche uscire. Ma l’hotel penso di non averlo mai visto, neanche la sera quando siamo arrivati. Si vedevano solo i tetti, qualche cancello che spuntava. Mi ero fatta un’idea vedendo qualche foto su internet.
Ma perché con tutta quella neve siete comunque saliti dopo il bivio di Farindola?
Era appena passato lo spazzaneve, e poi c’era la polizia provinciale che ci ha portato fin su, ci hanno fatto sentire rassicurati. Ma la mattina, dopo le scosse, ce ne volevamo andare tutti, anche i dipendenti.
Com’è stato il terremoto?
Fortissimo. Per me che abito a Pescara è stata molto più forte delle scosse sentite con il terremoto dell’Aquila e di Amatrice. Sono state fortissime, tremava tutto, quasi sentivi il rumore della terra. È stato brutto dopo la seconda scossa. Alla prima eravamo quasi tutti nella Spa e quasi tutti, poi, sono scappati su. Ma io non volevo prendere l’ascensore, se ne ha fatta una farà anche la seconda dicevo a Stefano. Preferisco uscire dalla piscina, dall’esterno piuttosto che in ascensore, gli dicevo. Poi ho visto che anche alcune coppie erano rimaste, oltre alle ragazze della Spa, e ho cercato di seguire quello che facevano le figure più mature. Ho detto calmiamoci un attimo, anche le dipendenti ci hanno rassicurato. Poi i minuti erano passati e abbiamo ripreso a fare la Spa. Ma è arrivata la seconda scossa, più forte della prima. Scese Del Rosso a tranquillizzarci, ci disse “ora arriverà la turbina andate sopra e prendete le vostre cose, state tranquilli che questa struttura ha resistito a diversi terremoti”.
Come le è sembrato Del Rosso?
Non so se nascondeva anche lui la sua paura. Era molto pensieroso, ogni tanto spariva. L’ho visto davvero preoccupato quando ha visto che uno dei cani pastori abruzzesi è voluto entrare. È venuto a mettersi nella sala Garden forse una mezzora prima che è successo tutto.
Quando avete capito che la turbina non sarebbe arrivata?
Non ne abbiamo mai avuto la certezza. Ci hanno detto alle tre del pomeriggio e non è arrivata, poi tra una mezz’oretta, e niente ancora. Abbiamo continuato ad aspettare nella sala Garden, considerata più sicura. Eravamo pronti a passare la notte lì tutti insieme. Oramai ci eravamo anche uniti tra noi. Con Giorgia e il fidanzato, ma anche con il ragazzo che portava gli aerei e la fidanzata (Marco Tanda e Jessica Tinari ndr). Noi ragazze eravamo insieme a tranquillizzarci, abbiamo avvertito almeno sei scosse, due la mattina, due tarda mattinata e anche due piccole nel pomeriggio. Gli uomini ogni tot minuti andavano a liberare le auto, ma era impossibile. Anche io ho provato a uscire, ma per un secondo che stavo ferma avevo la neve sopra agli occhiali. Si attaccava in una maniera incredibile.
E i bambini, ricorda che facevano?
Correvano a destra e a sinistra, intorno al buffet, prendevano le cioccolate e le mettevamo in tasca. La loro salvezza, poi.
Quando ha parlato con Stefano l’ultima volta?
Appena prima della valanga, poi non l’ho più sentito. Ho visto la sua mano, dall’orologio, sono riuscita a toccarla ma non si muoveva.
E lei che cosa ha fatto?
Ho pregato. Ho pregato tanto. Con Giorgia e il fidanzato all’inizio eravamo convinti che fosse il terremoto, Ho scoperto della valanga solo quando ho sentito i soccorritori. Ipotizzavamo che quando c’è un terremoto entro due tre ore i soccorritori arrivano. Ma non arrivava nessuno. Allora abbiamo pensato che forse eravamo rimasti tutti sotto, e che nessuno era riuscito a dare l’allarme.
E adesso, che effetto le fa scoprire quelle telefonate e quegli allarmi non creduti?
Tanta rabbia. Avrebbero dovuto verificare quelle richieste di aiuto, ma da quando chiedevamo di liberare la strada. È stato un sequestro di persona.
Sta seguendo l’inchiesta?
Sì. Nella mia riservatezza.
Che cosa si aspetta?
Ci sono tante e troppe persone coinvolte, non lo so se tutti pagheranno per quello è successo. Si parla di continuo dei piani valanga, ma dovevano pulire semplicemente la strada. Dovevano farci riscendere così come ci avevano portati su. Se non potevano garantire di farci tornare a casa non dovevano neanche farci salire.
Ce l’ha con qualcuno in particolare?
No. Non c’è una sola persona a cui si può attribuire la colpa, ce ne sono diversi. Spero solo che sia di insegnamento a chi deve fare il proprio dovere.
Crede nella giustizia?
Ci voglio credere.
Che ricordo ha degli altri ospiti e dipendenti?
Mi ricordo che già dalla sera a cena avevamo parlato con Matrone e la moglie, molti simpatici, ma lui era già agitato, mi metteva ansia. Si parlava di tutta quella neve, ma ormai eravamo lì.
E i dipendenti, li ricorda?
Ricordo uno dei camerieri, un ragazzo di Penne, Gabriele. Sempre con il sorriso, anche quando stavamo mangiando in attesa di andarcene, a pranzo. Ci avevo parlato, mi aveva chiesto dove lavoravo cosa facevo. Anche Emanuele, il ragazzo alla reception, ha cercato di venirci incontro in tutto. E le ragazze della Spa. Alla prima scossa ci hanno rassicurato, alla seconda si sono spaventate anche loro. Hanno fatto il loro lavoro fino all’ultimo, tutte persone molto dolci, si vedeva che amavano quello che facevano e che erano affiatati.
Come vede il suo futuro?
Non lo vedo. Per il momento vedo il presente, sto cercando di vivere a pieno giorno per giorno. Poi si vedrà.
Com’era prima Francesca?
Prima avevo l’amore, la cosa che tutti cerchiamo, e l’avevo trovata. È cambiato tutto. Il modo di vedere le cose, di vivere, apprezzi anche il minimo, qualsiasi cosa è un regalo, anche il semplice saluto di mia madre. Continuo ad andare avanti pensando al carattere, alla forza che aveva Stefano, e cerco di farla mia.
Perché è rimasta in silenzio per tutto questo tempo?
So io quello che ho dentro e il percorso che sto facendo.
È mai tornata a Rigopiano?
Mai avuto il coraggio.
Che vuole fare da grande?
Insegnare educazione fisica ai bambini.
Fonte: Il Centro.it

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