Fatta eccezione per i casi più clamorosi- con tanto di licenziamenti conseguenti- di chi andava a far la spesa, al bar o incontrava il suo amante- e parliamo di poche unità, la gran parte di quei lavoratori additati all’opinione pubblica come i furbetti del cartellino dopo oltre un anno si ritrova non solo innocente, ma prosciolta dalle accuse.
E’ accaduto ieri a ventidue dipendenti, ma la decisione del gup Indinnimeo del Tribunale di Salerno è di quelle che lasceranno il segno e tracciano un solco nel quale andranno a collocarsi tutte le altre su situazioni analoghe. In pratica, chi timbrava il cartellino- ovvero il badge- al posto di altri colleghi è passibile semmai di procedimento disciplinare per l’anomalia di un uso improprio, scorretto, del marcatempo.
Ma questa condotta, sanzionabile sotto il profilo disciplinare, per il giudice non è passibile sotto il profilo penale, perché non integra gli estremi della truffa aggravata. Il motivo è presto spiegato nelle tre pagine che accompagnano la decisione del gup: non è stato provato- infatti- che i dipendenti il cui badge era timbrato da altri colleghi non fossero effettivamente al lavoro, in servizio in quel momento e nelle ore successive.
Anzi, dai reparti pare non mancasse nessuno, le mansioni sarebbero state svolte e non si sono registrati disservizi o mancanze tali da giustificare l’imputazione del reato di truffa. Ed ecco, allora, che censurabile da parte del datore di lavoro- ovvero l’ospedale Ruggi- rimane solo quell’abitudine odiosa di far timbrare il cartellino da un collega, magari per pigrizia o perché si stanno indossando camici ed abiti da lavoro o perché si sta chiudendo la macchina prima di salire in reparto.
Fonte LIRATV.com