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Un semplice atto di coraggio (di Angelo Giubileo)

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Dopo oltre due decenni trascorsi a scrivere anche di politica, il mio amico Franco ha detto che non posso sottrarmi dall’esprimere un’opinione sul voto del prossimo 4 marzo. E così ho ritenuto, com’è evidente, che forse abbia ragione.

Oggi, parlare di politica in Italia è senz’altro scoraggiante; al punto che si stima che ben oltre 1/3 dell’elettorato si asterrà, voterà scheda bianca o nulla. Il restante voto, inoltre, risulterebbe diviso tra 3 schieramenti: uno di centrodestra, altro di centrosinistra, ed entrambi sostanzialmente divisi al proprio interno, e il Movimento Cinque Stelle.

A ciascuno dei 3 schieramenti, infine, sarebbe destinata una percentuale intorno al 30% dei voti validi espressi. Nell’ipotesi che si formi una maggioranza di governo, secondo le differenti previsioni, sia del solo centrodestra che di coalizione tra diversi schieramenti, il dato più rilevante sarebbe pur sempre quello di una maggioranza politicamente divisa al proprio interno.

Com’è stato possibile che si sia arrivati a questo?

E infatti, lo vado ripetendo da tempo, la vera domanda che occorrerebbe porsi è piuttosto questa. E non invece, come generalmente accade, porsi domande del tipo: perché non siamo usciti come gli altri paesi dalla crisi? Oppure: perché Brexit? O ancora: perché Trump ha vinto le elezioni negli Usa? O infine: perché il “populismo”? Il populismo, sia ripetuto ancora una volta, nessuno sa bene cosa sia; al punto che, tra gli interrogativi posti, risulta senz’altro quello maggiormente privo di significato.

E tuttavia, questi vani interrogativi hanno una sola matrice culturale, che è il tempo storico del “presente”. Ovvero, un tempo che sembra non passare mai, e invece accade esattamente l’inverso!

A tale proposito, dovrebbe risultarvi facile ricordare lo slogan abusato del renzismo originario: #cambiaverso; salvo poi sperimentare, in tutta evidenza, che si è trattato di una nuova forma di gattopardismo all’italiana. E ancora, che dire del berlusconismo ritornato prepotentemente alla ribalta per opera del suo stesso mentore, che sarebbe bene ricordarlo: ineleggibile? In entrambi i casi, comunque, nulla di più di quanto è stato dimostrato in questi anni lungamente trascorsi.

Un giudizio siffatto, si avvarrebbe quanto meno di uno sguardo rivolto al “passato”, ma viceversa non avrebbe ancora nulla da dirci circa il “futuro”, che come sempre accadrà e che altrove, nel mondo in generale ma non così da noi, è in costruzione: reti, automazione, sviluppo di ogni potenzialità “naturale” e “artificiale”.

Un mondo che, fortunatamente, si è già affidato, con esiti positivi, e quindi ragionevolmente continua  ad affidarsi sempre più alla “tecnica”; e pertanto un mondo che è interessato a sviluppare un discorso piuttosto “tecno/logico” – il termine logos in greco antico sta appunto per “discorso” – che “politico”, laddove quest’ultimo termine attiene innanzitutto alla “costruzione” (e secondariamente al “governo”) della polis, in greco antico “città”, costruzione questa che risulta ampiamente superata dallo sviluppo di un’ormai perenne – in Occidente, almeno a partire dall’epoca di Alessandro Magno (IV secolo e.a.) – e, più di recente dalla caduta del Muro di Berlino, fase di globalizzazione.

Forse, potreste ritenere che abbia deviato un po’ dal tema. Ma, in fondo, la storia ( o generazione del continuum) è fatta così: una sequenza continua di accadimenti e, riguardo all’“umano” – che tuttavia risulta già annunciato e quindi superato nel “postumano” che verrà -, anche di atti rivolti al futuro.

Sarebbe pertanto logico anche che, il prossimo 4 marzo, ciascuno esercitasse il proprio diritto al voto, senza neanche eccessivo coraggio, gettando uno sguardo al futuro del movimento che accade.

                                                                                                                                   Angelo Giubileo

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