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Addio piccola Bea, bimba dal corpo-armatura

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Il primo, immediato pensiero, è l’unico conforto possibile: «Ha raggiunto la sua mamma in paradiso». Un commento sui Social, la sola consolazione alla notizia della morte della piccola Beatrice Naso, «Bea», la bambina prigioniera del suo corpo-armatura, la «bimba di pietra», com’era stata definita con parole che a molti, all’inizio, non erano piaciute: «Bea ha un cuore immenso pieno d’amore, non è affatto una bimba di Pietra».

Il cuore di Bea si è fermato oggi. L’annuncio dell’aggravarsi delle sue condizioni è arrivato attraverso Facebook, postato dalla zia, Sara Fiorentino. Sempre lei, martedì 13 febbraio, sul suo profilo, aveva annunciato l’aggravarsi delle condizioni della nipote: «Vi aggiorno in maniera molto onesta e sincera: Beatrice è molto grave. Non ci sono segni di ripresa perché nonostante lei sia molto forte il suo fisico non riesce a reagire. I polmoni sono irrimediabilmente compromessi e ci sono poche possibilità di rimettersi». Quello che conta, ha aggiunto la zia, «è che non sente nulla, riposa tranquilla e non soffre».

Bea muoveva gli occhi e niente altro. La sua malattia non ha mai avuto un nome, e quindi neppure una cura. «Siamo seguiti in maniera egregia e amorevole all’ospedale Regina Margherita – aveva raccontato la mamma, Stefania Fiorentino, che al settimo mese di vita di Bea aveva scoperto la malattia». I medici avevano spiegato a lei e al padre che si trattava di un’anomalia genetica mai vista prima, una malattia che calcifica tutto ciò che avvolge le articolazioni. Beatrice non poteva piegare il collo, le braccia, i gomiti, le ginocchia, i piedi e neppure le dita. Per questo – in una sintesi estrema – il suo corpo era stato paragonato a una «pietra».

«Nostra figlia – raccontava mamma Stefania – è nata al termine di una gravidanza normale; nulla faceva presagire la sua malattia. Durante i primi due mesi di vita, in realtà, sembrava un po’ più rigida degli altri bimbi, non apriva bene le manine, ma non ci siamo allarmati, perché gli esami non rivelavano nulla di anomalo». Ma a 7 mesi, «massaggiandola dopo il bagnetto le si è rotto un polso. E in ospedale, alla prima lastra total-body, si sono accorti delle strane calcificazioni articolari».

Beatrice aveva frequentato la scuola, con un’insegnante dedicata. Non c’è mai stata illusione, ma sempre e solo un amore immenso, e cura: «La malattia progredisce, sappiamo bene che cosa l’aspetta e ci aspetta – ripeteva consapevole la mamma, senza però mai rassegnarsi -: prima o poi Bea si irrigidirà completamente e i polmoni non la faranno più respirare».

La sua storia ha commosso non solo l’Italia. A settembre 2013 Bea e i genitori erano stati ricevuti in Piazza San Pietro da papa Francesco: Un abbraccio, la commozione del Pontefice, e una benedizione. Pochi ma intensi minuti.

Fonte La Stampa

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