L’Italia ha deciso di non attendere e fare in modo che i cittadini possano conoscere con chiarezza l’origine delle materie prime degli alimenti che consumano.
Soprattutto in una filiera strategica come quella del pomodoro l’etichetta aiuterà a rafforzare i rapporti tra chi produce e chi trasforma”. Così si era espresso il ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina, dopo che con il collega, Carlo Calenda – Sviluppo Economico – avevano licenziato il decreto interministeriale per introdurre l’obbligo di indicazione dell’origine dei derivati del pomodoro.
Per effetto della entrata in vigore delle recenti norme che riguardano pasta, olio e formaggio, chiunque da oggi volesse cimentarsi ai fornelli per prodursi ad esempio in un gustoso pacchero allo scarpariello, potrà farlo con ingredienti base di cui si conosce la provenienza, ovvero il luogo di coltivazione e quello di trasformazione.
A dieci anni dalla indicazione di provenienza della passata di pomodoro entra finalmente in vigore lo stesso obbligo anche per gli altri derivati del medesimo. Conserve, salse, concentrati e sughi composti per almeno il 50% da tale ortaggio.
Secondo la Coldiretti, che cita i dati del settore, ciò rappresenta un passo fondamentale per tutelare un patrimonio di oltre 5 miliardi di chili di pomodoro nostrano. Oltre 70.000 ettari, 8.000 imprenditori agricoli, 120 industrie di trasformazione e 10.000 lavoratori. Tutti sotto pressione per l’arrivo da Stati Uniti e Cina, nello scorso anno, di 170 milioni di chili di derivati del pomodoro, pari al 25% della produzione nazionale.
Da adesso, o meglio all’esaurimento delle scorte già etichettate col vecchio sistema, potremo scegliere con qualche elemento di conoscenza in più. D’altro canto, se è giusto ed inevitabile accogliere le opportunità offerte dal mercato globale, è anche necessario stabilire regole certe in difesa dei consumatori e a tutela dei produttori italiani, soprattutto se si parla di cibo, comparto nel quale il nostro Paese rappresenta una assoluta eccellenza nel mondo.
A cura di Tony Ardito
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