“Nel segno di Michelangelo. La Pietà: visioni contemporanee in Faraone e Ianniello”. E’ il tema dell’interessante conferenza che, nei giorni scorsi, ha visto protagonista il maestro del finger painting Vito Antonio Faraone. L’appuntamento, promosso dal critico d’arte Silvia Arfelli, si è svolto presso il complesso del Carmine a Lugo. Patrocinata dal comune romagnolo e organizzata da “La Maya Desnuda” di Forlì e dall’associazione culturale “Squadriglia del Grifo”, la conferenza è stata aperta dal saluto dell’assessore alla Cultura Anna Giulia Gallegati.
La dissertazione, con l’ausilio di immagini proiettate, si è sviluppata prima attraverso un’introduzione relativa al modello michelangiolesco per approdare poi alla sua fortuna soprattutto in epoca moderna e contemporanea, fino alle due versioni realizzate dagli artisti Vito Antonio Faraone, di Pontecagnano Faiano, e Giacomo Ianniello ed esposte durante la serata.
“Il sogno del Classico e del Rinascimento continua ad attraversare l’opera degli artisti contemporanei, spesso con rimandi così chiaramente identificabili, come nel caso delle due Pietà, realizzate da Faraone e Ianniello – il commento di Silvia Arfelli – in cui la traduzione in pittura del capolavoro michelangiolesco consente agli artisti di analizzarlo, di ricostruirlo partendo dalle ambivalenze della tela vuota, di calarsi nella sua potenza iconografica attraverso vasti e seducenti apparati: in Faraone i segni distesi attraverso la tecnica del finger painting (il colore steso con le dita) trasmettono la percezione del movimento presente nella scultura, in cui il marmo michelangiolesco assume un ritmo cromatico e al tempo stesso, una contestualizzazione che guarda a Roma con tutti i significati ed i simbolismi oggi legati alla capitale di cui la nostra epoca è testimone”.
Vito Antonio Faraone, in tal senso, ha confermato la sua missione nell’arte di riproporre con la tecnica finger-painting (pittura con le dita) i patrimoni di un’Italia attualmente smembrata, mediante impronte frenetiche che a tratti mozzano la continuità delle linee e rompono gli equilibri, a dimostrare una continua lotta intima che emerge nelle sue opere. Il lavoro diretto e frenetico delle sue mani, come in una danza, si manifesta sulla tela e ripropone, ricrea e rappresenta scene che appartengono all’Italia nella sua interezza, madre poliedrica e patria di bellezze illimitate. Un omaggio in chiave pittorica che l’autore rende mediante l’uso esclusivo delle proprie dita, strumento naturale e protagonista delle opere.
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