Zes, Grassi (Confindustria): Napoli e Salerno come i grandi porti del Mediterraneo, migliaia di nuovi posti di lavoro ed export in crescita
A pochi giorni dall’entrata in vigore del regolamento istitutivo delle Zone economiche speciali e in attesa del Piano strategico della Regione che dovrà individuarne i confini, le semplificazioni amministrative, agevolazioni e incentivazioni di propria competenza (senza oneri a carico della finanza statale), le imprese fanno le prime previsioni sull’impatto economico atteso dal nuovo provvedimento per Salerno e Napoli. “Per capire la reale portata che potrà avere l’istituzione delle Zone economiche speciali – spiega il vicepresidente dell’Unione Industriali di Napoli con delega alla Logistica e alla Portualità, Vito Grassi – basta guardare agli esempi più vicini al posizionamento del Mezzogiorno negli equilibri degli scambi via mare. Il porto di Tangeri, in Marocco, ha visto nascere 60mila posti di lavoro ed esportazioni per oltre 2,6 miliardi di euro. La zona franca di Barcellona ospita circa cento imprese e conta 6mila occupati. E’ prevedibile una dinamica analoga per gli scali di Napoli e Salerno”.
Quale ruolo potranno giocare per la Campania le Zone economiche speciali dopo il via libera al Piano strategico della Regione Campania?
L’impatto sarà senz’altro importante, perché l’attrattività è indubbia se si allineano sgravi fiscali per le imprese, costi e barriere doganali a burocrazia ridotta, incentivi per gli investimenti e deregolamentazione contrattuale e contributiva. Le agevolazioni sono state fissate dal primo provvedimento del Governo in un credito d’imposta per maxi investimenti fino a 50 milioni, tempi dimezzati per autorizzazioni e procedure (con il Governo pronto a esercitare i poteri sostitutivi) e oneri amministrativi e istruttori più bassi. Determinante può essere la formula dei contratti di programma, che coinvolgono grandi imprese e consorzi di Pmi in piena salute, in settori che sono propulsivi, con passaggi burocratici definiti ex ante.
In quali nuovi opportunità, dunque, si tradurranno le Zes per le economie di Napoli e Salerno?
L’avvio delle Zes attiverà un programma di investimenti produttivi e infrastrutturali capace di far crescere il prodotto interno lordo della regione e far finalmente ripartire l’intera economia campana. Le nuove opportunità si tradurranno in un aumento della competitività delle imprese insediate, attrazione di investimenti diretti, soprattutto da parte di soggetti stranieri, incremento delle esportazioni, creazione di nuovi posti di lavoro e in un più generale rafforzamento del tessuto produttivo, attraverso stimoli alla crescita e all’innovazione.
In che modo le Zes incideranno sulla creazione di nuovi posti di lavoro?
Il decreto legge contiene importanti norme come quelle sulla ricollocabilità dei lavoratori delle aree di crisi industriale del Mezzogiorno, che prevede una copertura finanziaria fino alla fine del 2018, e quelle sulla imprenditorialità giovanile, che permette un vasto programma per promuovere il lavoro autonomo, i talenti e la creatività dei giovani in tutto il Mezzogiorno. Per capire la reale portata che potrà avere per noi l’istituzione delle Zone economiche speciali basta guardare agli esempi più vicini al posizionamento del Mezzogiorno negli equilibri degli scambi via mare.
Salerno come Barcellona, insomma?
Esattamente. La zona franca di Barcellona ospita circa cento imprese e conta 6mila occupati. Il porto di Tangeri, in Marocco, ha visto nascere 60mila posti di lavoro ed esportazioni per oltre 2,6 miliardi di euro. Così i porti di altre aree del mondo: in Irlanda la Shannon Free Zone i registra un impatto economico considerevole: il rapporto tra sterline spese dal settore pubblico in infrastrutture e incentivi e di 1 a 22 dopo i primi 5 anni. A Panama, dove sono presenti 2.600 imprese dedite a commercio e servizi, c’è un interscambio di 21,6 miliardi di dollari, di cui 11,4 miliardi in export. Non dimentichiamo, inoltre che il decreto legge contiene importanti norme come quelle sulla ricollocabilità dei lavoratori delle aree di crisi industriale del Mezzogiorno, che prevede una copertura finanziaria fino alla fine del 2018, e quelle sulla imprenditorialità giovanile, che permette un vasto programma per promuovere il lavoro autonomo, i talenti e la creatività dei giovani in tutto il Mezzogiorno.
Detta così pare quasi che le Zes saranno la panacea di tutti i mali del Sud…
Non sono la panacea di tutti i mali, ovviamente, ma possono dare un contributo fondamentale a spingere il Mezzogiorno a diventare un hub euromediterraneo degli scambi, aprendosi a economie che, in Medio Oriente come in Africa, o sono già emerse prepotentemente o lo saranno in futuro. Basti pensare che Il Sud ha un interscambio coi Paesi dell’Area Mena, ossia del Medio Oriente e del Nord Africa, di quasi 14 miliardi di euro, circa il 20% del totale Italia verso quest’area. La quota di export invece è del 15%, più elevata della media italiana che è al 10%. I numeri quindi confermano la vocazione geografica di un Sud Italia che è il cuore del Mediterraneo.