Il 2-0 finale per la nazionale di Sampaoli e’ troppo severo per quella di Di Biagio, fa certamente meno male del pari con la Svezia a San Siro che ha estromesso la nazionale dal mondiale.
Eppure fotografa alla perfezione il momento del calcio azzurro: qualche giovane esordiente (Chiesa, poi Cristante e Cutrone), un gap tecnico dalle grandi del mondo e soprattutto mancanza di personalita’ e di senso della partita.
Un primo tempo senza mai tirare in porta, soffrendo palleggio e presenza scenica degli argentini; lampi di gioco nella prima mezzora del secondo con Insigne che si e’ divorato il possibile vantaggio e altre occasioni; e poi l’errore di Jorginho che ha offerto a Banega la palla dell’1-0 e rotto l”incantesimo’.
L’Argentina a quel punto ha approfittato, raddoppiando su contropiede, tanto per ricordare all’Italia che quando mancano talenti e gioco, si puo’ sopperire con un pizzico di cinismo. All’Etihad di Manchester Sampaoli aveva rinunciato alla classe di Messi (fastidio muscolare) ma non alla formula 4-2-3-1 con Lo Celso al posto della Pulce, anche se la sua posizione in campo la prende piuttosto Lanzini. Higuain punta centrale dovrebbe sfruttare i loro lanci e le discese di Di Maria a sinistra, ma l’Argentina fatica a carburare.
Al contrario, l’Italia che vede l’esordio azzurro di Chiesa parte con più fiducia. Ma ci vuole poco per invertire la tendenza, gap tecnico e di personalità dopo una manciata di minuti lasciano gli azzurri in balia dell’avversario. Il pallone e’ sempre tra i piedi dell’albiceleste, Di Biagio chiede di pressare alto per rubar palla e colpire. Il piano non riesce per la guardia attenta di Otamendi e Fazio, oltreché per l’imprecisione dell’ultimo tocco di Insigne a sinistra. Dal suo piede, al 9′, parte l’unico pallone d’attacco del primo tempo, ma Parolo alza di testa. Chiesa dalla parte opposta pare smarrito.
A parti invertite, Di Maria non smette di impensierire la fascia destra azzurra e Paredes via via fa prevalere il peso del suo centrocampo. Così dopo un tiro debole di Di Maria (4′) bloccato a terra da Buffon e un colpo di testa di Otamendi (17′) deviata dal portiere, l’Argentina si prende definitivamente la partita. Vicino al gol vanno prima Paredes, con un destro da trenta metri al 38′, e poi nel finale a stretto giro Tagliafico (tiro potente da dentro l’area) e Higuain su passaggio filtrante geniale di Di Maria: in tutti i due casi ci pensa il riflesso di Buffon, aiutato nel secondo da Rugani che respinge sulla linea.
Al ritorno in campo, si riparte da ritmi meno blandi, e Insigne dopo soli due minuti si trova sul destro la palla perfetta: retropassaggio errato di Paredes, Immobile lo serve a centro area e il napoletano tira alto dando solo l’impressione del gol. Che invece e’ divorato. Sul ribaltamento, Lanzini colpisce di testa da solo in area ma alza la traiettoria. Gli azzurri cambiano pero’ definitivamente passo, ci mettono la ‘garra’, e le occasioni arrivano.
Chiesa offre un lampo dei suoi poco prima di essere sostituito da Candreva e sul suo cross teso Caballero anticipa Insigne, poi Immobile ben pescato in area da Verratti stoppa e scarica sul portiere argentino.
E’ lo scadere dell’ora, e con Candreva entrano anche Pellegrini per Parolo e Zappacosta per Florenzi, seguiti dai cambi di Sampaoli (al 19′ Perotti per Di Maria e Banega per Paredes). Pericolosa e’ ancora l’Italia, Insigne lanciato al 23′ sul filo del fuorigioco prova il destro a giro da posizione decentrata, Caballero respinge il suo tiro e il successivo di Jorginho.
L’Argentina ci prova con un tacco di Higuain, per il resto troppo isolato, e un tiro al volo di Perotti, ma tra gli esordi azzurri di Cristante e Cutrone si infila il vantaggio a sorpresa dell’Argentina, nel suo momento della difficolta’. Colpa di un pallone perso da Jorginho, l’ex interista Banega punisce gli azzurri chiudendo il triangolo con Lo Celso.
L’Italia non ci sta, sfiora il pari con Pellegrini che ruba palla a Otamendi, Di Biagio manda dentro Belotti come secondo centravanti ma l’Argentina raddoppia su contropiede tre contro due e Lanzini che chiude la partita. Il 2-0 brucia, ma parla chiaro: ripartire sarà duro, per il calcio italiano.