In Campania i pazienti affetti da epatite C attualmente sottoposti a trattamento sono circa 15mila. La maggior parte è a Napoli, dove ci sono 9mila pazienti; segue Caserta con 4mila, poi Avellino 1500, Salerno con altri mille, mentre a Benevento ce ne sono tra 500 e 700. C’è una prevalenza di genere maschile e un’età avanzata, in media di 70 anni, con punte anche di 85 anni.
“In virtù dell’alta percentuale di successo dei nuovi farmaci, che raggiunge il 95% dei casi, anche i più anziani vengono sottoposti alla nuova terapia, anche per evitare la diffusione della malattia mediante nuovi contagi in ambito familiare” spiega il prof. Marcello Persico, Professore Associato di Medicina Interna, Dipartimento di Medicina e Chirurgia Università di Salerno. “Tuttavia, negli ambulatori stiamo assistendo a una crescita di pazienti più giovani: le cause più frequenti sono piercing e tatuaggi; tra i pazienti anziani invece la malattia è stata contratta prevalentemente tramite siringhe sterilizzate male, spesso in ambiente domestico senza le adeguate precauzioni”.
Grazie alle nuove terapie, per i prossimi mesi è possibile prevedere una ulteriore riduzione dei pazienti più gravi, quelli cirrotici; fino al 2025, saranno invece ancora alcune migliaia coloro che avranno forme di epatite C in forma cronica moderata.
Tra i problemi ancora aperti, c’è la ricerca del sommerso, che ammonta a circa il 50-60%. Il sommerso è particolarmente grave in alcuni settings di popolazioni, quali i detenuti nelle carceri e i soggetti seguiti nei centri per le tossico-dipendenze, cui si aggiunge un ulteriore problema, quello delle reinfezioni dei pazienti già eradicati.
LA PREVENZIONE: L’ATTIVITA’ NELLE SCUOLE. “Serve più prevenzione, con ogni mezzo possibile, dalle piazze ai media” dichiara il prof. Persico. “A Salerno abbiamo avviato un progetto che coinvolge scuole e università: in collaborazione con le associazioni pazienti, stiamo organizzando incontri negli istituti durante i quali in un’ora di discussione i ragazzi possono interagire con pazienti e con specialisti del settore, che illustrano i rischi di contagio, gli effetti della malattia nel lungo periodo e come le attuali terapie permettono di arginare il fenomeno. Nelle università teniamo un approccio anche più elevato e più tecnico visto il livello di formazione dei ragazzi. Tra gli scopi di questa attività, l’incentivo alla prevenzione e la consapevolezza per far emergere il sommerso”.
LA CAMPAGNA – Proseguono a Roma, mercoledì 28 marzo, presso Hotel Donna Camilla Savelli in via Garibaldi 27, le iniziative promosse da specialisti, epatologi e infettivologi, per la nuova sfida della ricerca scientifica: eradicare l’epatite C in sole otto settimane grazie alla nuova molecola glecaprevir – pibrentasvir di AbbVie). Questo è possibile con il nuovo farmaco già disponibile nei centri pubblici nelle diverse unità operative complesse degli ospedali, di infettivologia, epatologia e medicina interna.
Il prossimo appuntamento sarà mercoledì 4 aprile a Palermo presso il Grand Hotel Piazza Borsa.
L’EPATITE C IN ITALIA – L’epatite cronica da virus C, o più semplicemente Epatite C o HCV, è una malattia che, in virtù della sua cronicità, provoca un processo che va spontaneamente avanti nel tempo fino a compromettere strutturalmente e funzionalmente il fegato. Si stima che in Italia ci siano circa 300.000 pazienti diagnosticati con Epatite C (HCV) e un numero imprecisato di persone inconsapevoli di aver contratto l’infezione, per un totale stimato che va oltre il milione di persone. Negli ultimi tre anni è profondamente mutato lo scenario della terapia delle malattie epatiche da virus C e, con la disponibilità dei nuovi farmaci ad azione antivirale diretta, è oggi possibile curare la maggior parte dei pazienti a prescindere dallo stadio della malattia. Ad oggi sono stati trattati in totale 122.090 pazienti.
A livello nazionale sono stati realizzati due importanti interventi al fine di realizzare il Piano di Eradicazione HCV, che prevede l’arruolamento di 80.000 pazienti all’anno, per 3 anni. Il primo è il fondo per i farmaci innovativi, 500 milioni di euro annui, precedentemente istituito per il biennio 2015-2016, dei quali la maggior parte è dedicata a farmaci per la cura dell’HCV. Il secondo riguarda l’ampliamento dei criteri di arruolamento: se fino a quel momento solo i pazienti più gravi, gli F3 ed F4, potevano beneficiare della cura con i nuovi farmaci antivirali diretti, da aprile 2017 tutti i pazienti affetti dal virus HCV possono accedere alle cure.
Nonostante ci siano farmaci efficaci e fondi disponibili, ad oggi il ritmo di arruolamento è il seguente (Fonte Registri AIFA): da gennaio 2017 a fine marzo 2017 sono stati trattati circa 7.337 pazienti; da marzo a dicembre 2017 sono stati trattati 39.959 pazienti; da gennaio 2018 al 5 marzo 2018 sono stati trattati 12.662 nuovi pazienti.
“La precedente terapia, in parte iniettiva, durava molto più a lungo, dai 6 ai 12 mesi, e aveva un risultato di successo che si aggirava attorno al 45% – spiega il Prof. Giovanni Di Perri, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Università degli Studi di Torino– Oggi, con i recenti risultati, si pretende di superare il 95% viste le caratteristiche di potenza, affidabilità, tollerabilità e facilità di assunzione della terapia disponibile. Oggi la stessa spesa per ogni singolo trattamento è scesa al di sotto del precedente trattamento, assai più fallace, di 3-4 anni fa”.
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