“Ma non si vede niente! Da sopra avete il grembiule. E anche il cappottino”.
Così ci convinceva la mamma quando, nei freddi inverni di una volta, ci ricopriva con i pesanti maglioni di lana grezza che ci insacchettavano in modo informe.
Eravamo ben certi, però, di non fare una brutta figura perché lei aveva a cuore il bene della famiglia e non avrebbe mai permesso un abbigliamento che non fosse decoroso, almeno esteriormente.
Con il tempo, abbiamo capito che la dignità è un principio fondamentale di vita, che si acquisisce solo con comportamenti consapevoli e che costituisce il presupposto per ottenere il rispetto e la stima degli altri.
Per una comunità, la dignità è nelle modalità con le quali essa mostra, con orgoglio e amor proprio, la sua esistenza quotidiana, le memorie storiche delle sue origini e la realtà della sua modernità. Non consiste nella esibizione di grandezza e non dipende dalla importanza o maestosità delle opere, ma dalla fierezza con le quali esse sono curate e difese, grandi o piccole che siano.
Anni fa venne inaugurata la prima parte del “trincerone ferroviario”. Un’opera titanica accolta con largo entusiasmo popolare perché volta ad offrire un nuovo percorso viario orizzontale, ovest-est, e perché in grado di rivoluzionare la mobilità futura a seguito del programmato prolungamento, oltre la stazione ferroviaria, verso le strade che salgono alla parte alta di Torrione.
Un progetto di cui è in corso, da alcuni anni, un ulteriore avanzamento, seppure molto ridimensionato rispetto alla originaria previsione.
Sulla efficacia del primo tratto dell’opera ci riserviamo di esprimere il nostro pensiero nel commento della prossima settimana a chiusura delle proposte di riqualificazione del “quadrilatero del Duomo”, area di cultura, storia e varia umanità che costituisce anche la principale offerta in chiave turistica della nostra Città (cfr. salernonotizie.it del 21 e 28 Marzo e del 4 Aprile scorsi).
In questa sede, desideriamo invece soffermarci sulla sua conformazione strutturale e sul possibile giudizio che, alla sua vista, potrebbe essere espresso dal visitatore sulla qualità della nostra architettura urbana e sul livello di civiltà della nostra Città.
Dalla rotatoria all’incrocio tra Via Sant’Eremita, Via Sorgente e Via Silvatico, e a mano a mano che si scende lungo Via Oberdan, da un lato, e verso Via Vernieri, dall’altro, il “trincerone” sviluppa una crescente elevazione fino ad imporsi, con tutta la sua grigia struttura di cemento, all’altezza del sottopasso ferroviario.
Tuttavia, è da dire che, in questo tratto, la pesantezza dell’opera risulta ben ammorbidita da una evidente attenzione posta nella progettazione e nella esecuzione dei lavori.
Innanzitutto, su entrambi i lati di Via Oberdan e di Via Silvatico, la larghezza dei marciapiedi ha consentito l’impianto di una quinta alberata, la sistemazione di panchine di sosta e riposo e, nella parte alta di Via Silvatico, la realizzazione di un piccolo giardino con una piacevole siepe sempreverde.
Ancora, la protezione del fascio dei binari da indesiderati e malaugurati accessi esterni è stata assicurata con un basso muretto di cemento dotato di una recinzione metallica non sgradevole alla vista e, soprattutto, ben posizionata perché esteticamente allineata e fissata nel rispetto di un più che accettabile livello qualitativo.
Né sono sgradevoli, infine, le due rampe pedonali di accesso al piano viario in prossimità dell’ingresso del sottopasso anche se, a tutela del pubblico decoro, appaiono indispensabili precise modifiche in grado di evitarne l’utilizzo per lo sfogo di graffitari, per bivacchi, per devianze e per i bisogni fisici a cielo aperto.
Il tratto successivo della struttura viaria si intrufola in aree nascoste da fabbricati o giardini privati, con variazioni di quote che lo sottraggono alla vista dei più.
In avanti, però, cambia tutto. Perché su Via Gonzaga il “trincerone” si offre senza veli nella sua piena “mostruosità” strutturale divenendo testimonianza esemplare di come un’opera di modernità urbana possa mortificare la civiltà di una comunità.
Qui è un “trionfo” di pilastri, con colonne sicuramente disgustose, che l’insigne progettista intese “aggraziare” con improbabili ed equivoche tondeggiature superiori, di travi composite e di muretti di chiusura, sgraziati e male allineati, dotati di una serie di pannelli anti-intrusione di metallo degni di un pessimo insediamento industriale, o di un campo per la detenzione di animali, posizionati senza alcun criterio estetico né rispetto per i luoghi, per chi vi abita e per chi vi transita.
A tutto ciò, va aggiunto l’inammissibile parcheggio di auto tra le rientranze dei pilastri che lo stesso insigne progettista forse pensò argutamente di realizzare proprio per tale indegna finalità.
Noi riteniamo che, per la sua centralità e il suo ruolo di collegamento diretto tra il centro e i quartieri alti, Via Gonzaga non meriti di essere trattata alla stregua di una infima strada della più estrema periferia, o di tratturo di campagna, e che sia assolutamente disonorevole l’immagine di confusione, sporcizia, degrado, abbandono e incuria offerto ai cittadini e ai visitatori.
E’ questo il nostro turismo di qualita?
Eppure, non sarebbe difficile attribuire a quel luogo una adeguata onorabilità.
Noi pensiamo che, eliminato il vergognoso parcheggio, basterebbe realizzare delle quinte metalliche ad arco, da pilastro a pilastro, che fossero idonee a creare un collegamento ideale con gli Archi del Diavolo di Via Arce richiamandone il disegno sia pure in chiave moderna. Le pareti interne di chiusura costituirebbero un formidabile supporto per interventi di grafica urbana o per pannelli in ceramica o per finestre “trompe l’oeil”, illuminate da tenere luci notturne, riproducenti scorci della Città o centri delle due costiere o variopinte immagini floreali.
Una cascata di colori e di vitalità dovrebbe coinvolgere l’intera struttura fino al ponte su Via dei Principati, da un lato, ed estendersi fino agli Archi storici, dall’altro, con opere di arredo urbano a tema e la riqualificazione delle facciate degli edifici esistenti.
Noi riteniamo che la dignità di una comunità sia riposta nel decoro dei suoi luoghi di vita e che l’attenzione ad essi riservata costituisca l’antidoto più efficace contro ogni forma di vandalismo, distruzione e inciviltà.
Perché “dignità chiama dignità” e “rispetto chiama rispetto”.
Noi pensiamo che solo l’amore verso la “Bella”, Via Gonzaga, possa trasformare la “Bestia”, il “trincerone”, in un bellissimo principe.
Questa Città ha bisogno di sognare e di amare.
Associazione Io Salerno – Officina di Pensiero
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