Lo ha stabilito l’Unione Europea. Per lo yogurt, ad esempio, l’etichetta dovrà indicare l’origine del latte utilizzato.
Bruxelles lascia tuttavia ampia scelta ai produttori, i quali sono liberi di portare una generica provenienza da un paese dell’Unione e da un paese fuori dell’Europa ed è facoltativa la indicazione del nome dello stesso.
Tali norme non verranno applicate ai prodotti Dop, Igp e Stg, né a quelli a marchio registrato che a parole o con segnali grafici, indicano già di per sé la provenienza del prodotto. Tuttavia, per quel che ci riguarda, permane forte il rischio che le aziende dedite a produrre il falso cibo made in Italy, possono continuare a commercializzarlo indisturbate perché semmai hanno con furbizia registrato un marchio contenente un capzioso richiamo al Belpaese, anche se nella sostanza di italiano non c’è assolutamente nulla.
Non va dunque mai trascurato il grave nocumento che ciò arreca all’intero comparto della nostra agricoltura. E, infatti, Coldiretti non ci sta ed è determinata a promuovere una imponente levata di scudi nei 20 mesi che ci separano dal temine stabilito dall’UE.
“La Commissione Europea ha perso una grandissima occasione per combattere il falso a tavola, relegandolo di fatto all’indicazione volontaria. Coldiretti si impegnerà strenuamente per modificare il regolamento in direzione dell’indicazione obbligatoria dell’origine”. Così si è espresso in merito Rolando Manfredi, responsabile Qualità dell’organizzazione.
La legislazione italiana è certamente all’avanguardia sul tema; prevede, appunto, l’obbligo di indicare l’origine in etichetta per il latte, la pasta, il riso, i pomodori, mentre in tutta Europa è obbligatoria per la carne bovina (con la emergenza mucca pazza del 2002) per le uova, per la frutta e per il miele.
A cura di Tony Ardito
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