Nello stesso giorno l’ex presidente di Confindustria Mauro Maccauro ammonisce dai gravi danni all’economia delle nostre industrie in caso di penalizzazione del traffico al Porto commerciale.
È giusto quello che il cav. Gallozzi afferma in riferimento alla produttività del porto, una delle poche risorse vere della nostra economia. Ci è ben noto, per aver noi difeso il Porto di Salerno dall’accorpamento con Napoli in consiglio comunale e sui muri della città con un pubblico manifesto. E nel manifesto di questi giorni, in cui chiediamo la delocalizzazione, scriviamo “che il Porto è eccellenza produttiva che dà il pane a tante famiglie”.
Nessuno dunque pensa di chiudere il Porto di Salerno. Certamente non noi.
Così, però, il Porto non può crescere. E se non cresce, muore. Non ha una rotaia né il retroporto, blocca la Porta Ovest, paralizza il viadotto Gatto, violenterà il mare con un dragaggio improbabile. Un nuovo porto più grande e più forte, con maggiori margini di crescita, lontano dal centro risolverà in un colpo solo il problema di Porta Ovest, del Viadotto Gatto, del dragaggio, del destino della città turistica, e di quello del porto commerciale. E anche della salute delle industrie tanto care a Maccauro, quelle per esser chiari dell’agro nocerino sarnese.
Proprio Gallozzi sa bene che, con le giuste economie, costruire un Porto non è impossibile, perché per la sua Marina d’Arechi ci son voluti pochi mesi. Oggi si progetta il nuovo Ruggi per immaginare il futuro, come trent’anni fa si fece per l’Università e per l’Ospedale San Leonardo.
D’altro canto, l’affermazione populista non è la nostra. Era del Ministro salernitano Carmelo Conte negli anni ottanta e del suo segretario oggi sindaco di questa città; era di qualche anno fa, nel 2012, nel piano urbanistico della Provincia di Salerno. E oggi rimane l’unica chanche, per il Porto e per la città del Mare.
Poi, c’è chi vede il dito, chi la luna, chi fa finta di non vedere né l’uno nè l’altra. E chi, invece, nasconde tutta la mano.
Antonio Cammarota