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“La fortezza del castigo” il libro del salernitano Antonio Santoro

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“La fortezza del castigo” edito da Newton Compton, giallo storico scritto dal salernitano Antonio Santoro con Pierpaolo Brunoldi è diventato un piccolo caso editoriale tanto da richiamare anche l’attenzione di editori internazionali.

Dopo l’acquisizione dei diritti di traduzione in Germania, da parte di Bertelsmann, anche l’editore spagnolo Ediciones B, del Gruppo Penguin Random House, ha acquisito i diritti del romanzo.

Un’acquisizione importante se si pensa che Ediciones B è anche l’editore che ha acquisito e pubblicato “I Medici” di Matteo Strukul, portando l’autore ai vertici delle classifiche in Spagna e America Latina. “La fortezza del castigo” ha inoltre suscitato un grande interesse anche alla fiera di Londra.

Il libro è stato presentato nei giorni scorsi alla Libreria Feltrinelli a Salerno. Gli autori del libro sono il salernitano Antonio Santoro (regista, attore e drammaturgo, si è diplomato all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico, ha diretto numerosi spettacoli e scritto diversi testi per il teatro) e Pierpaolo Brunoldi, sceneggiatore e drammaturgo di Varese.

Il libro è ambientato nel Duecento tra l’Italia e la Francia ed ha come protagonista un francescano alchimista. È una storia che tiene con il fiato sospeso e che racconta le avventure di Bonaventura da Iseo, figura che gli autori del libro hanno ricostruito nel dettaglio visto che la sua biografia è scarsissima.

È un thriller che si rifà apertamente ad uno dei capisaldi del genere “Il nome della rosa” di Eco. Ne abbiamo parlato con Antonio Santoro (nella foto in alto)

La fortezza del castigo, scritto a quattro mani con Pierpaolo Brunoldi e pubblicato da Newton Compton, è il tuo esordio nella narrativa. Come mai un regista, sceneggiatore e drammaturgo ha deciso di cimentarsi con la forma romanzo?

– Mi considero uno storyteller, quindi vedo nelle diverse forme di narrazione una straordinaria ricchezza espressiva. Il mio primo approccio al mondo delle storie è stata proprio la narrativa: da ragazzino sono stato folgorato dai racconti di Edgar Allan Poe, che considero uno dei miei maestri. Il teatro è arrivato in età matura, ed è stato non solo l’inizio della mia professione di regista, ma anche un laboratorio eccezionale dove affinare le mie capacità di narratore.

Hai già fatto altri lavori con Brunoldi, quando vi siete conosciuti e cosa avete in comune?

– Con Pierpaolo ci siamo conosciuti a Roma, ormai circa una decina di anni fa. L’occasione è stata la frequentazione di un master in sceneggiatura della società Tracce, dove abbiamo avuto la fortuna di studiare con alcuni grandi sceneggiatori italiani, tra cui, solo per fare alcuni nomi, c’erano Graziano Diana, Giorgio Arlorio, Rulli e Petraglia, Giorgia Cecere, l’elenco è lungo….

In quel caso il frutto della nostra collaborazione è stata la sceneggiatura di un giallo, che fu elogiata dai docenti sia per le capacità narrative che per l’abilità, rara, di fondere le due voci in una sola.

Ciò che ci accumuna è la grande passione per la narrazione, in particolar modo per il genere del thriller storico, cui appartiene “La fortezza del castigo”.

– La misteriosa scomparsa di Francesco d’Assisi, un suo seguace, Bonaventura da Iseo, deciso a ritrovare il proprio maestro e a impedire l’avverarsi di un’oscura profezia sulla fine dei tempi. La Fortezza del castigo è un affascinante viaggio nel Medioevo tra Italia e Francia, pieno di mistero, azione e avventura, con personaggi intriganti, ritmo incalzante e scene che ti lasciano con il fiato sospeso. Insomma è un libro che regala forti emozioni e si legge senza mai staccarsi dalle pagine. Come è nata l’idea di un simile romanzo?

Essendo entrambi appassionati di thriller e di storia medievale, avevamo da tempo il desiderio di raccontare una storia che fondesse le due passioni in un’unica narrazione. Per fare un esempio, entrambi adoriamo Il nome della rosa di Eco e i primi due capitoli della trilogia di Kingsbridge di Ken Follett, e cioè I pilastri della terra e Mondo senza fine. Eco e Follett, hanno rappresentato un costante punto di riferimento durante la stesura del nostro romanzo.

Come si fa a scrivere a quattro mani?

– La scrittura in coppia è un viaggio meno solitario rispetto a quello che uno scrittore compie in genere da solo davanti alla pagina bianca. Ovviamente nella scrittura a due può capitare anche che si abbiano divergenze di opinioni, cosa che a noi accade, a dire il vero, assai di rado. Ciò che occorre, in ogni caso, sono flessibilità, capacità di avere un confronto continuo e la maturità come narratori di non affezionarsi troppo a una singola idea, bensì di ricercare sempre la soluzione migliore per la storia che stai raccontando.

Come mai avete scelto Bonaventura da Iseo come protagonista del vostro romanzo?

– Il nostro protagonista, Bonaventura da Iseo, è un personaggio storico pieno di fascino. Un frate e un alchimista, esperto nelle scienze mediche, eternamente in bilico tra fede e scienza. La sua biografia scarna e frammentaria ci ha permesso di plasmarlo, riempiendo con la nostra fantasia le pagine bianche della sua vita e attribuendogli le caratteristiche che ne fanno un grande investigatore: potente intuito e ferrea logica deduttiva, per le quali siamo debitori nei confronti del primo investigatore della storia letteraria l’Auguste Dupin di Edgar Allan Poe.

Un altro modello che ci ha aiutato a plasmare il nostro protagonista è stato Guglielmo da Baskerville di Eco, altro personaggio della finzione letteraria che entrambi abbiamo amato molto per la sua sagacia e la capacità di sondare le zone più recondite dell’animo umano.

Immagino che per voi sia stata una grande sfida anche un personaggio come Francesco d’Assisi.

– Un’enorme sfida. Ritrarre  uno dei santi più popolari della storia della cristianità fa tremare i polsi a chiunque.

Cosa vi ha attratto delle sua figura?

– È il santo degli ultimi, dei diseredati, che, in momento storico in cui la Chiesa era arroccata nel suo potere temporale, ha predicato con il suo esempio il ritorno alla purezza della  lettera evangelica. Da giovane era dedito al sesso, al gioco e al vizio, ma ad un tratto ha deciso di cambiare radicalmente la sua vita per mettersi al servizio dei più deboli, iniziando così una rivoluzione che avrebbe contribuito a cambiare il futuro della Chiesa. Subire il fascino di una figura del genere è inevitabile.

Nel vostro romanzo realtà e finzione si intrecciano con sapienza, conferendo sempre credibilità e verosimiglianza al racconto, quanto tempo avete impiegato, tra ricerche storiche e stesura finale?

– Poco più di un anno. L’indagine storica è stata accurata. Nonostante ci fosse alla base la nostra comune passione per il Medioevo, è stato necessario approfondire molto gli argomenti al centro della nostra narrazione. La fortezza del castigo è una storia di finzione, calata in un contesto storico realistico, dove accanto a luoghi reali e personaggi storicamente esistiti, convivono luoghi immaginari e personaggi che sono del tutto frutto della nostra fantasia.

Avete in mente una saga?

– Ci stiamo ragionando. Bonaventura da Iseo e i suoi compagni di viaggio in un Medioevo affascinante e oscuro, pieno di misteri e contraddizioni, ci hanno catturato immediatamente non appena abbiamo iniziato a tratteggiarli e possiamo dire che, in un certo senso, sono loro stessi a sussurrarci di continuare a narrare la loro storia, senza contare i tantissimi lettori che ci chiedono come proseguiranno le loro vicende.

Il vostro romanzo si svolge in un periodo di grandi sconvolgimenti sociali e religiosi. È quasi immediato un parallelo con la contemporaneità, non è cosi?

– Sicuramente sì. Il thriller storico è un genere narrativo che conferisce agli autori una grande libertà, sia pure nel rispetto dei canoni del filone letterario. Il nostro romanzo è una classica storia di eterna lotta tra bene e male, abitato da temi come la conquista del potere, la corruzione, il rapporto tra scienza e fede, le guerre di religione. Argomenti che incrociano la vita di ognuno di noi e che risuonano nel profondo di ciascuno. A nostro avviso una buona storia è sempre capace di parlare alla contemporaneità, a prescindere dal genere letterario di appartenenza.

Nel vostro romanzo oltre al geniale Bonaventura da Iseo ci sono molti altri personaggi carichi di fascino, tra loro una ragazza misteriosa, Fleur, il cui destino è legato alla profezia che campeggia al centro della vostra storia. Che mi puoi dire a riguardo?

– Fleur è una ragazza ribelle e selvaggia. In un mondo dominato e pensato dagli uomini, che alla donne riservava ruoli da madre, sposa, monaca o prostituta, lei è determinata a crearsi il proprio destino a dispetto di tutto e tutti. Direi che anche in questo caso ci sono spunti per riflettere sulla contemporaneità. Insomma noi crediamo che un autore debba sempre calare la sua idea di mondo all’interno della storia, se poi questa idea è etica, l’autore ha fatto bene il suo lavoro.

La fortezza del castigo sarà tradotta e pubblicata in Germania da Bertelsmann  e in Spagna da Ediciones B del Gruppo Penguin Random House. Inoltre ha suscitato un grande interesse alla Fiera del libro di Londra. Cosa vi aspettate dalle edizioni in lingua straniera del vostro romanzo?

– Siamo entusiasti che il nostro romanzo si apra a una dimensione internazionale. Ciò che ci auguriamo è che un numero di lettori sempre più ampio si appassioni alla nostra storia, condividendo i desideri, le passioni, i turbamenti dei nostri personaggi, amandoli così come abbiamo fatto noi scrivendo la loro storia.

 

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