Questo per i veti incrociati e la sostanziale mancanza di volontà di trovare una quadra utile a comporre un governo che si possa impegnare su pochi punti condivisi e che concorra a definire una legge elettorale più rispettosa della volontà dell’elettore.
A pensarci, infatti, la situazione di ambasce è anche il prodotto del “Rosatellum”, voluto fortemente dal solido sodalizio Renzi-Berlusconi e supportato da gran parte dei leader politici, che aveva fra gli altri il compito di contenere l’ascesa dei pentastellati e ne arginasse, in ogni caso, i rischi derivanti dell’annunciato primato di consensi.
Luigi Di Maio, nel frattempo, ha commesso qualche errore di troppo: un misto tra ostinazione, inesperienza e supponenza. E adesso si rende disponibile a un personale passo indietro per favorire un compromesso col carroccio. Matteo Salvini, ora più sobrio nello stile, ha mantenuto la rotta. Sordo all’ammaliante canto delle sirene levatosi dalle sponde grilline, verso le quali, tuttavia, nelle ore scorse ha rivolto un ultimo appello alla responsabilità.
Silvio Berlusconi, che certo non ha più lo smalto di ieri, è arrivato a inscenare lucide pantomime e a usare toni sprezzanti, pur di impedire attrazioni fatali, 5 Stelle-Lega, che avrebbero dissolto l’alleanza di centro-destra, producendo un effetto tsunami, anzitutto sulla sua Forza Italia.
Con fine scaltrezza e cinismo, Matteo Renzi ha, invece, atteso il momento giusto per spaiare il mazzo e impedire al reggente del PD, Maurizio Martina, persino il solo avvicinarsi al tavolo delle trattative col M5S. La zampata dell’ex segretario è servita a chiarire a tutti che in casa dem comanda sempre lui.
Tutto ciò, però, agli italiani interessa sino a un certo punto. Il 4 marzo gli elettori hanno votato nella certezza che all’indomani, qualunque fosse stato il risultato, sebbene foriero di difficoltà, il Paese avrebbe avuto un nuovo esecutivo. Ed è quello che continuano ad attendere.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sta operando con discrezione, pazienza e saggezza rare e oggi dà il via a un altro giro di rapide consultazioni, nel tentativo di individuare presto una soluzione che possa scongiurare in primo luogo i pericoli che già si palesano sul versante socio-economico, anche in funzione delle imminenti, importanti scadenze interne e internazionali.
Ciò detto, nella malaugurata ipotesi si debba necessariamente tornare al voto, qualunque sia la data del prossimo turno elettorale, per cortesia, restituiteci almeno la facoltà di decidere in pieno, ridateci la possibilità di scrivere il nome del candidato, o metteteci comunque in condizione di scegliere e di ottenere, nell’immediato, una maggioranza e un governo. Cosicché, se poi dobbiamo sentirci partecipi e responsabili, anziché in colpa per averVi conferito immeritata fiducia, beh, allora lo avremmo fatto in piena coscienza e non mediante una delega, rilasciata sostanzialmente in bianco, che consente solo a Voi e ai Vostri caminetti di partito di decidere in quali mani riporla e che uso farne.
Tony Ardito (giornalista)
Commenta