“Ma – ci riprendeva la prof. – vi insegna a ragionare e a vivere!”. Facevamo di si con la testa, ma non ne eravamo convinti.
E, invece, aveva “ragione”.
Lo abbiamo capito nell’età della “ragione”, riflettendo sul senso concreto di due assiomi della “geometria intuitiva”, quella, per intenderci, di Euclide e, cioè: “per due punti passa una, e una sola, retta”, e poi: “la retta è la distanza più breve tra due punti”.
Ci siano accorti, cioè, che non si trattava di freddi principi ma di valide regole di vita.
Perché un pensiero è sincero se va diritto al cuore del problema, senza inutili giri di parole o parafrasi devianti, e perché la buona fede di una decisione è manifestata dalla linearità della sua esecuzione. Proprio come le due regole geometriche.
Purtroppo, sembra che non sia sempre così per molti comportamenti pubblici. Di quelli privati, poco ci importa.
E, in particolare, sembra che non sia stato così per le decisioni a suo tempo assunte da chi disegnò il territorio seguendo linee tortuose pur disponendo di spazi a sufficienza per applicare gli assiomi euclidei.
In effetti, su quest’ultimo aspetto, la nostra Città è piena di esempi evidenti. Basta guardare alla zona orientale dove lo sviluppo edilizio è stato tumultuoso ma, soprattutto, molto sinuoso.
Una crescita “a casaccio”, senza il rispetto di alcuna regola, ha portato alla esaltazione del “diritto del proprietario” e alla cementificazione di ogni spazio, a discapito delle aree pubbliche e a danno della qualità del territorio e dell’ambiente urbano, con la realizzazione di immobili dove vivere ma non di luoghi dove convivere.
Alle strade, in particolare, sono stati lasciati spazi residuali condizionati dalle dimensioni e dall’orientamento dei fabbricati, con percorsi senza uscite, con curve a gomito, con incroci che generano ingorghi “uncinati alla Bellavista”, con dedali infrequentabili larghi come le interpoderali di campagna al punto da potersi anche passare l’olio e il sale dai balconi delle cucine. Ne abbiamo già parlato (cfr. salernonotizie.it 29/11/2017).
Una conurbazione creata da tecnici in barba a qualsiasi insegnamento euclideo. Ma forse avevano studiato su altri libri.
Analogo discorso è possibile per la zona industriale dove la linearità del percorso principale, via Roberto Wenner, e di qualche altro collaterale asse di scorrimento, fa “da copertura” ad un dedalo interno realizzato in funzione del posizionamento dei capannoni, non viceversa, e costituito da vie anguste, con curvature ad angolo retto o oblique, con qualsiasi inclinazione, tra le quali muoversi con circospezione per non trovarsi coinvolti in qualche incrocio improvviso e imprevedibile.
Un luogo dove l’incontro con gli autocarri, che pure sono “frequentatori naturali” trattandosi di zona dedicata alle industrie, salvo errore, costringono talora a manovre difficoltose e complesse.
Forse anche qui, l’ignoto progettista ha seguito altre teorie, disdegnando quelle di Euclide.
Ma non è questo, il motivo del nostro intervento.
La zona industriale è divenuta, da tempo, area di snodo per il traffico diretto fuori, o verso la Città, che si avvale della litoranea e, da alcuni anni, anche della Aversana a seguito della realizzazione dello svincolo in uscita dalla tangenziale.
Ma se la mobilità è agevole nel senso di marcia verso sud, non lo è sicuramente in quello opposto poiché la mancata realizzazione della rampa di accesso alla stessa tangenziale, direzione nord, obbliga il “disorientato conducente” ad una complessa valutazione: 1) entrare nel raccordo per fare il “giro largo” utilizzando la SA-RC, 2) passare in un budello indecente, scuro, maleodorante, sconnesso, per transitare lungo via Terre Risaie, egualmente sconnessa, oltre che stretta e inspiegabilmente tortuosa, 3) girare alla rotatoria per via De Luca, che passa a fianco del depuratore, 4) girare dopo la rotatoria per via Brun e passare nella “serpentina” di via Caruto tra capannoni di ogni foggia, posizione e dimensione.
Nessuna delle ipotesi è ottimale. Lo sarebbe solo quella della rampa in entrata, se ci fosse. Ma non c’è, e non abbiamo speranze.
Eppure una soluzione, del tutto originale, esiste e sarebbe realizzabile.
Negli anni ’60, la Landys & Gyr (poi Elkro Gas) dette incarico all’arch. Luigi Cosenza, uno dei maestri dell’architettura moderna, di progettare il proprio insediamento per la produzione di apparati di controllo. E fu realizzato uno splendido immobile industriale rispettoso dei primi principi di bio-edilizia con riferimento all’orientamento dei reparti di lavoro per la migliore illuminazione naturale e la ventilazione.
Il grande complesso, oggi abbattuto, fu uno dei primi della nuova area industriale della Città e divenne simbolo di efficienza, qualità e sicurezza confermando tutte le caratteristiche degli insediamenti industriali avanzati.
A fianco dell’area, tra quei capannoni e la futura tangenziale, rimase un tratto rettilineo di terreno, chiuso da un cancello, che impediva la continuazione di via Brun verso via Wenner e costringeva al sinuoso percorso su via Caruto e via Acquasanta.
Con un centinaio di metri in più, gli assiomi di Euclide avrebbero trovato sicura applicazione.
Oggi, nulla è mutato.
Aprire quel rettilineo, significherebbe dare uno sfogo diretto al traffico su via Brun e, soprattutto, offrire una idonea via di deflusso a quello proveniente dalla Aversana, sia di auto che di autobus che di autocarri, consentendo un accesso veloce e sicuro alla tangenziale per chi fosse diretto al centro Città.
Una operazione semplice, dal costo sostenibile, eliminerebbe la necessità della onerosa rampa di accesso al raccordo ed eviterebbe, soprattutto, di mostrare agli occhi critici dei visitatori di passaggio gli orribili effetti della mancata applicazione di due semplici principi della geometria elementare.
Ebbene, noi pensiamo sia venuto il tempo per un intervento risolutivo.
Perché, secondo noi, una comunità deve essere tutelata in ogni circostanza e per qualsivoglia necessità attraverso un esame continuo e puntuale delle condizioni nelle quali si svolge la sua vita.
E una fluida mobilità urbana è una delle componenti più significative della qualità della vita.
Noi riteniamo che affrontare le cause, tutte le cause, che ne ostacolano il miglioramento costituisca un dovere per chi sia investito della delega pubblica e operi concretamente per il bene della collettività.
Questa Città ha bisogno di amore.
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