Nel corso dell’incontro, trasmesso in diretta facebook, sono emersi spunti decisivi sulla fattibilità urbanistica, strutturale ed economicadella delocalizzazione, e la necessità della retroportualità per il Porto che altrimenti non ha ragion d’essere, e della possibilità, in ogni caso, di convertire facilmente la forza lavoroportuale nelle nuove attività turistiche, e di attingere alle risorse europeeovvero di non disperdere quelle esistenti.
“Ormai è il quarto appuntamento de La Nostra Libertà”, afferma Cammarota, “dopo i temi della città del mare e del porto del futuro, la viabilità e l’economia, oggi si è dimostrato che la delocalizzazione è ben possibile, perché è una proposta istituzionale e recente,come quella contenuta nel piano urbanistico della Provincia di Salerno del 2012, in studi di fattibilità, in progetti concretidi professionisti di rilievo. E, a differenza di altri interessi, legittimi ma privati, è un interesse pubblico”.
Cammarota, che annuncia la firma numero cinquemila alla petizione popolare, comunica la nascita del comitato per la delocalizzazione del portocommerciale, per rendere ancora più partecipato e libero il dibattito di quanto già lo sia con La Nostra Libertà: “abbiamo diritto a discutere del nostro destinoe, per la rappresentanza istituzionale, il dovere di farlo”, conclude Cammarota, il quale ricorda come “si immaginò il futuro spostando l’università e l’ospedale, si vuole costruire un nuovo Ruggi, per Marina di Arechi son bastati pochi mesi, non si capisce perché la città non possa discutere del proprio futuro”.
Sempre le solite argomentazioni generiche, trite e ritrite e senza concreti riferimenti alla realtà e alle oggettive difficoltà esistenti per questa tanto decantata delocalizzazione. Ma i cinquemila firmatari della petizione e il nascente comitato per la delocalizzazione sono edotti su quanto costerà l’impresa nel suo complesso (incluso il ripristino delle spiagge al porto) e chi potrà assicurare finanziamento dei fondi necessari?