I Saraceni accendono le fiaccole. Percorrono guardinghi i vicoletti del centro storico. Intanto in piazza il popolo svolge le proprie attività quotidiane. C’è chi cuce le reti, chi vende la frutta, chi lavora la terracotta. Poi c’è il notaio, che s’accorge dell’arrivo degli spietati turchi e grida al popolo di fuggire. Troppo tardi, l’esercito è pronto a conquistare e a mettere sottosopra tutto ciò che si presenta dinanzi al loro cammino. Incendiano, devastano, saccheggiano, rubano e uccidono. Muoiono diverse persone. Altre riescono a fuggire.
Felice Alato, il torriere di turno che si era addormentato, all’improvviso si sveglia. Dalla Torre dello Zancale vede il paese distrutto. Corre verso il centro di Marina di Camerota. Vede la sua amata rapita dai Saraceni. La stanno portando via. Urla, si dispera. Invano cerca di riabbracciarla. Il popolo e i soccorsi giunti in ritardo, riconoscono Felice. Lo bloccano, lo colpiscono con calci e pugni. Poi decidono di impiccarlo in pubblica piazza. Per tre giorni e per tre notti lasciano il suo corpo penzolare come monito per la popolazione.
Il racconto finisce qui, tra gli applausi dei turisti e la soddisfazione degli organizzatori. Un evento sicuramente da ripetere, come chiesto espressamente anche dalle persone che hanno assistito a questa prima edizione.