Diele condannato a 8 anni. Il papà di Ilaria: ‘decisione giusta’

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«È da un anno che per non lasciare sola Ilaria dormo nel suo letto. Questa sentenza arriva a due settimana dall’anniversario della sua scomparsa ed io, in questo, ci vedo un segnale».

Sono le sole parole commosse che Nicola, il papà di Ilaria Dilillo, ha detto al suo legale di fiducia, l’avvocato Michele Tedesco, quando ha saputo della sentenza di condanna a sette anni e ottomesi per Domenico Diele.

Era la notte del 24 agosto scorso quando la 48enne salernitana, che viaggiava a bordo del suo scooter sull’autostrada del Mediterraneo venne travolta ed uccisa dall’Audi guidata dall’attore di origine senesima adozione romana. In poco meno di dodici mesi arriva per il giovane la condanna di primo grado e nessuno sconto di pena rispetto alle richieste del pm. Ovvero, otto anni.

Domenico Diele per ora resta libero. La sentenza non è esecutiva prima del passaggio in giudicato in Cassazione e la misura cautelare, che per sei mesi lo ha tenuto agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, è ormai decaduta.

Le amiche di Ilaria dopo la sentenza hanno detto: “Non spetta a noi perdonare, però sappiamo che sul principio del perdono Ilaria ha basato tutta la sua vita. E allora a questa persona che la vita gliel’ha tolta vogliamo dire che l’unico senso che può dare a tutto questo è che lui ora s’impegni seriamente a recuperare se stesso. Sarà un fatto importante anche per le nuove generazioni, perché capiscano che la droga è distruzione. Diele si curi, ci metta il massimo dell’impegno. È un messaggio da parte di Ilaria».

La famiglia Dilillo parla, invece, per il tramite del suo legale, l’avvocato Michele Tedesco. «Il padre di Ilaria – commenta – si è commosso. Sono stati undici mesi molto duri e forti anche emotivamente. Non è stato facile affrontare la vicenda, sia per il dolore legato alla scomparsa della propria figlia e sia per i risvolti che ha avuto la vicenda giudiziaria».  Ed ancora: «Credo che il giudice ha avuto il coraggio di emettere una sentenza giusta e corretta. Ma anche di approfondire le indagini laddove necessario. Non credo si possa parlare di vittoria se non da un punto di vista professionale. Perché non vi è mai una vittoria quando una persona perde la vita, ma almeno abbiamo ottenuto una condanna significativa e per di più in tempi rapidissimi».

1 Commento

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  • Nei paesi civili l’avrebbero già rinchiuso e buttato via la chiave…
    Nei paesi civili, però.
    Mah…

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