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Emergenza lavoro, in Italia cresce il popolo dei NEET (di Tony Ardito)

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Bruxelles conferma quanto è stato già riportato nell’ultimo rapporto annuale Istat: siamo il Paese europeo con la percentuale più alta di giovani tra i 15 e 24 anni che non studiano, né cercano un posto di lavoro.

Al netto di qualche ritocco statistico, i dati ci dicono che il 25,7% dei nostri ragazzi sembra sfiduciato per il proprio futuro. La media registrata è, comunque, la più elevata rispetto all’Unione Europea, ferma a poco più del 14%, considerato livello pre-crisi.

Una tendenza che sembrerebbe però in leggera diminuzione in tutto il continente. Comunque sia, l’Italia è ancora all’ultima posizione. Infatti, in base ai rilievi, Cipro (22,7%) Grecia (21,4%) Croazia (20,2%) e Romania (19,3%) stanno meglio di noi. Mentre la percentuale di NEET (persone non impegnate nello studio, né nel lavoro né nella formazione) risulta ancora più bassa in Spagna, Francia, Paesi Bassi e Austria.

I giovani europei fra i 18 ai 24 anni sono complessivamente 38 milioni e, secondo le rilevazioni svolte, il 40% di questi segue corsi di formazione; poco più del 27% lavora e quasi il 18% fa entrambe le cose. Percentuali ahimè diverse da quelle che si son registrate in Italia, dove i NEET sono più presenti al sud, con il 34,4%, rispetto al nord, che ha appena il 17% dei suoi giovani in stand by.

E’ evidente che concentrare la attenzione verso le sole politiche attive del lavoro non è risolutivo. Coloro che non cercano lavoro, in molti casi, non provano neppure a intraprendere percorsi formativi. E allora, si potrebbe forse provare ad investire di più e meglio sulle politiche educative e sui nostri sistemi d’istruzione.

Il mercato del lavoro è in continua evoluzione e richiede sempre più competenze trasversali, talvolta non prettamente legate alla didattica tradizionale. Secondo gli esperti, adeguare il sistema d’istruzione alle esigenze aiuterebbe i ragazzi a collocarsi e costruirebbe ad abbattere i dolorosi numeri dei NEET.

Combattendo la dispersione scolastica, promuovendo un sistema educativo a misura di studente e coltivando i talenti dei giovani probabilmente si aiuterebbe a far crescere e a tutelare quel modello di società che ancora mette al centro la persona e la considera la risorsa più preziosa, comunque e innanzitutto.

Tony Ardito, giornalista

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