“Ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno” e le differenze retributive relative ai mancati scatti di anzianità in regime di precariato vanno pagate; inoltre “l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni”: lo ha stabilito la Corte suprema di Cassazione, attraverso diverse ordinanze del 26 giugno scorso, con cui si richiama quanto già disposto nelle sentenze 9042/17, 23868/16, 22752/16 e 22757/16.
Anche i giudici “ermellini”, il cui compito è quello di verificare la legittimità delle questioni giudiziarie, hanno quindi optato per la logica del risarcimento dei precari per la mancata adozione del principio di «non discriminazione» verso il personale precario della scuola, a cui vanno giustamente assegnati i medesimi scatti automatici stipendiali del personale già assunto in ruolo.
Inoltre, il risarcimento per l’abuso dei termini dopo 36 mesi, precedente alla Legge 107/15, è dovuto in tutti quei casi in cui il posto risulti vacante e disponibile – quindi sia collocato in organico di diritto – oppure laddove il lavoratore provi al giudice che vi è stata una forzatura, ai fini del risparmio pubblico a danno del lavoratore stesso, collocando il posto libero dell’organico di fatto per risparmiare sui mesi estivi. Un principio, del resto, già accertato dalla stessa Cassazione che, attraverso le Sezioni Unite Civili, il 15 marzo 2016 ha emesso la sentenza n. 5072, esprimendosi in modo inequivocabile, seppure limitandone l’estensione, sulla “reiterazione illegittima di contratti a tempo determinato – determinazione del risarcimento del danno sulla base della clausola 5 della direttiva europea sui contratti a tempo determinato” nell’ambito del lavoro pubblico.
I tribunali si stanno adeguando: solo pochi giorni fa il Mattino ha ricordato come “dal 20 giugno a Salerno si è scritta una nuova pagina dopo la riforma: il giudice del lavoro ha definito «illegittimo» il ricorso alla reiterazione di contratti a tempo determinato anche per i bidelli, affermando il principio di «non discriminazione» nel confronto tra stipendio e retribuzione con il personale già assunto”. Secondo il quotidiano campano, “i tre anni successivi al piano straordinario di assunzioni varato con la legge 107, la cosiddetta Buona scuola, sono stati contrassegnati dalla debacle del ministero dell’Istruzione in numerosi contenziosi con i docenti precari che hanno richiesto un risarcimento per gli anni di anzianità maturati da supplenti nelle scuole”.
Quello di presentare ricorso e vincerlo sta diventando una sorta di regola. Il requisito per presentare ricorso è quello di avere svolto almeno tre annualità, bastano 180 giorni, di supplenze, anche non continuative. Uno degli ultimi tribunali del lavoro ad avere avallato le richieste dei legali dell’Anief a tutela di una docente è stato anche quello di Como, che ha acconsentito anche al diritto al riconoscimento integrale degli anni di servizio svolti a tempo determinato all’atto della ricostruzione di carriera e agli scatti di anzianità non percepiti da una docente.
Anche in altre zone d’Italia i ricorrenti stanno trovando giustizia. Solo in Campania, nell’ultimo biennio sulla parità di stipendio e retribuzione, i giudici del lavoro si sono espressi favorevolmente ben 160 volte, praticamente una volta ogni 5 giorni È sempre di questi giorni il caso della “bidella 65enne, tra pochi mesi in pensione”, che “avrà diritto al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata con i contratti a termine”. La sentenza emessa dalla sezione lavoro del Tribunale di Salerno prevede l’adeguamento della retribuzione ai fini della ricostruzione di carriera, “in relazione alla anzianità di servizio maturate nell’ultimo quinquennio precedente la notifica del ricorso”.
“Riteniamo inverosimile – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – che ancora oggi, nel 2018, gli amministratori della scuola pubblica italiana continuino a calpestare la direttiva comunitaria 70/1999 e a discriminare il servizio da precari, anche all’atto della ricostruzione di carriera valutandolo solo parzialmente. C’è infatti un principio assodato in tutta Europa, meno che nel nostro Paese: i precari hanno diritto ai medesimi scatti stipendiali di chi è già assunto a tempo indeterminato. Ecco perché i giudici non fanno altro che assegnare il gap stipendiale non corrisposto, proporzionale agli anni di supplenze svolte. Inoltre, sempre per lo stesso principio di non discriminazione, continuiamo a batterci e a ricorrere anche per vedere riconosciuto il diritto all’integrale e immediata ricostruzione di carriera, commisurata agli effettivi anni di servizio prestati con contratti a tempo determinato e per ottenere il corretto inquadramento dei compensi”.
Anief, pertanto, invita il personale che ha subìto un trattamento di questo genere, anche se oggi di ruolo, ad aderire al ricorso, da presentare al giudice del lavoro, finalizzato alla partecipazione al piano straordinario di stabilizzazione e al risarcimento per illecita reiterazione di contratti a termine: può essere presentato da docenti e ATA precari che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio in scuola pubblica su posto vacante e disponibile. Per maggiori informazioni
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