Non più 1,5% quest’anno, ma solo + 1,3; mentre nel 2019 è prevista una ulteriore flessione, +1,2.
Per l’agenzia i rischi sono legati alle incertezze sulla politica del governo M5S- Lega.
Anche l’Istat registra segnali di indebolimento per la nostra ripresa. In particolare, male l’industria; deludono le esportazioni; preoccupa un’eventuale escalation della guerra commerciale globale. “In questo contesto un impatto negativo dei dazi è plausibile e potrebbe generare guasti importanti dal punto di vista dell’andamento delle vendite all’estero”. Ha dichiarato Roberto Monducci, direttore del Dipartimento Statistico Istat.
Nella valutazione, non c’è solo il Prodotto Interno Lordo; con ambiente salute e società, l’Istat fa il punto anche sugli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati a livello internazionale ed europeo. Obiettivi, però, ancora lungi da raggiungere per il Belpaese, soprattutto quando si parla di difficoltà economiche delle famiglie.
Non ci sono solo i 5 milioni di persone in grave povertà, 18 milioni di Italiani in tutto rischiano di finire, al primo passo falso, nell’indigenza o nell’esclusione sociale. Coloro che cono in difficoltà costituiscono il 30% del totale, peggio della media europea che si attesta al 23,5. Anche se si parla di uguaglianza di genere, restiamo indietro: sono ancora poche le donne ai vertici delle aziende o in Parlamento. Il lavoro domestico grava tutto su mogli e madri, quasi il triplo rispetto agli uomini. E’ il record negativo in Europa.
Migliora, invece, il quadro della Salute. Si compiono passi in avanti anche nella lotta agli squilibri alimentari, anche se un bambino italiano su tre è sovrappeso. In riferimento all’istruzione, per la prima volta raggiungiamo gli obiettivi europei per numero di laureati; l’abbandono scolastico scende al 13,8, anche se con grande disparità tra nord e sud. Tuttavia, le ombre restano, perché il 21% degli adolescenti italiani non raggiunge la sufficienza nella lettura.
La situazione descritta dall’Istat è quella di un Paese che arranca ad allinearsi ai parametri europei, sia in termini di occupazione che di crescita sociale e culturale. Emerge, dunque, una sostanziale incapacità della classe dirigente – d’ogni parte politica – di individuare soluzioni a medio e lungo termine che restituiscano forza, credibilità e fiducia fuori e dentro i confini nazionali.
E’ il solito cane che si morde la coda.
Tony Ardito, giornalista
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