Il ragazzo sta viaggiando da solo su un treno diretto a Napoli, è in stato confusionale ed ha alle spalle problemi psichici con tendenze autolesioniste e intenti suicidi. Il signor G. racconta alla poliziotta al telefono la propria preoccupazione e fornisce una descrizione del figlio e una sua fotografia.
Dietro ogni divisa della Polizia Ferroviaria ci sono donne e uomini che spesso intervengono per incidenti ferroviari causati da suicidi e sanno bene che in situazioni come queste non c’è un minuto da perdere.
Le pattuglie in servizio di controllo del territorio nella stazione di Napoli Centrale si mettono così immediatamente alla ricerca del giovane e riescono ad individuarlo, tra i numerosi viaggiatori che in questo primo weekend di agosto affollano lo scalo partenopeo.
Questo racconto potrebbe terminare qua, ma per i poliziotti proprio a questo punto comincia l’intervento più delicato ed impegnativo: trovare le parole giuste per convincere il ragazzo a seguirli in ufficio e riuscire a tranquillizzarlo nell’attesa dei genitori i quali, alla notizia del ritrovamento, sono partiti per Napoli dalla città del nord Italia nella quale la famiglia vive.
È proprio la grande umanità che traspare da questa storia che la rende degna di essere approfondita. Umanità che si acquisisce con la vicinanza alla gente dei poliziotti della Ferroviaria, specialità della Polizia di Stato caratterizzata da un quotidiano rapporto di prossimità con le infinite situazioni di disagio che popolano le stazioni ferroviarie.
Negli uffici della Polfer si crea un clima familiare; gli agenti, grazie alla propria esperienza, riescono a tenere l’atteggiamento corretto per favorire un ambiente tranquillo e per mettere il ventenne a suo agio, al punto che il ragazzo si convince, nell’attesa, a mangiare una pizza in loro compagnia!
La ricompensa dell’aver svolto il proprio lavoro con impegno e professionalità è nello sguardo riconoscente di un padre che ha potuto riabbracciare suo figlio incolume.