Salerno: auto lanciata contro la folla davanti ad una discoteca – VIDEO

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Nel corso della mattinata di oggi, gli Agenti della Squadra Mobile della Questura di Salerno hanno eseguito un’ordinanza di custodia domiciliare, emessa dal GIP del Tribunale su richiesta della Procura, nei confronti di due indagati ai quali risulta contestato il reato di tentato omicidio aggravato e continuato.

In particolare, la notte del 6 maggio scorso, davanti alla discoteca “Sea Garden” di Via Clark a Salerno, i due a bordo di una autovettura si lanciavano volontariamente a folle velocità contro un gruppetti di dieci ragazzi in fila all’ingresso del locale, con il chiaro intento di ucciderli.

Le indagini, svolte dal personale della Polizia attraverso l’assunzione di informazioni e la disamina dei filmati delle videosorveglianze, hanno consentito di individuare gli autori dell’insano gesto nonché di ricostruire il movente del fatto, ovvero l’intenzione degli indagati, provenienti dalla provincia di Napoli, di vendicarsi per essere stati allontanati dal locale in quanto ritenuti molesti.

I due, dopo aver fatto finta di allontanarsi, sono saliti a bordo di una Fiat Panda e dopo aver urtato una prima volta il cancello che separa il parcheggio dall’ingresso del locale, non sono riusciti nell’intento omicidiario solo perché una transenna era incagliata sotto la vettura rallentandone la corsa.

NEL VIDEO FORNITO DALLA POLIZIA LA SEQUENZA DEL FOLLE GESTO

17 Commenti

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  • prima parlano male di salerno e dei salernitani e poi vengono a divertirsi a salerno, classico caso di disturbo della personalità, poveri napoletani involuti…….

  • Ecco quando dico che a Salerno sta cambiando qualcosa. Molti si lamentano di aumento della delinquenza, maleducazione, scostumatezza, poco rispetto della città e dei beni. Credo che il procuratore di Salerno debba intensificare i controlli, verificare davanti le discoteche, tutela cittadina e parcheggiatori abusivi.

  • La prima cosa da capire è perché non li hanno fatti entrare, cioè se fosse legittimo o meno. La seconda è come sia possibile che gente a dir poco adulta (ho letto di un quarantenne di Ottaviano) metta in opera una cosa del genere. Fermo restando che, vedendo il filmato, presumo che i due geni non intendessero uccidere ma spaventare, al massimo ferire

  • Sono nato e vissuto a Salerno e frequento entrambe le città: ti posso garantire che i napoletani non ci pensano proprio. Forse ti riferisci a qualche emarginato di qualche periferia, ma in generale chi sta continuamente a parlare male di tutto ciò che si trova dopo Vietri siamo proprio noi

  • x Pippi calzelunghe
    Soffri come tutti i salernitani del complesso di inferiorità e per gli ignoranti come te gli abitanti di Ottaviano sono napoletani.
    È già ma voi siete cul turalmenre elevati avete la scuola medica salernitana….

  • è ora di finirla di fare di tutta un’ erba un fascio , ci sono napoletani e napulilli e posso garantire che i primi sono educati , corretti e di cuore , purtroppo i secondi ………… ma io da napoletano verace dei quartieri spagnoli e oramai trapiantato a Salerno mi dissocio totalmente a Pippi.

  • quando dite voi sono tutti napoletani, poi quando fanno le marachelle fate le distinzioni tra provinciali e cittadini. Anche Massimo Troisi era di San Giorgio a Cremano. Poi è risaputo che a Forcella, alla Sanità, ai Quartieri dove sono tutti napoletani doc sono tutti signori e brava gente, mentre i delinquenti sono tutti in provincia. Il nostro complesso di inferiorità e direttamente proporzionale alla vostra ipocrisia e al vostro complesso di superiorità.

  • anche io lavoro a Napoli e ho avuto esperienze diverse; in genere sei ben accetto se fai il campano generico medio, se poco poco alzi la testa ti faccio vedere che ti calcolano e come. Se a Napoli fossero costretti a sopportare orde di salernitani in trasferta nella loro città dediti alle truffe, ai furti d’auto, alle risse nei locali e al commercio abusivo (cosa che a Salerno capita da sempre) sarebbero loro a parlare male di tutto ciò che si trova da Vietri in giù.

  • In realtà, oltre al fatto che non esistono orde di Salernitani (in quanto siamo troppo pochi per poterne costituire una), non è certo il recente problema dei locali ad aver causato un diffuso sentimento anti-napoletano, che alle volte include nocerini, sarnesi, scafatesi, angrisani, il milione di persone che vive alle pendici del Vesuvio, così come quelli di Giugliano e Villaricca. Non capisco cosa intendi per ‘alzare la testa’, io mi comporto normalmente e ho rapporti ottimi con chiunque. Sicuramente, se uno è cretino e va davanti al San Paolo a gridare forza granata, qualche problema ce l’avrà. Poi, certo, esistono realtà difficili in alcuni quartieri ma spesso fanno distinguo anche in questi stessi quartieri: non è che tutta la Sanità, per dire, sia un disastro sociale.

  • Quindi, ammettendo che le proporzioni tra Napoli e Salerno fossero inverse, secondo te i partenopei tollererebbero senza battere ciglio il fatto che buona parte dei reati contro la persona e il patrimonio (non solo il problema dei locali) consumati nella loro città venisse commesso dai salernitani in trasferta? La città di Salerno, che di problemi ne ha già tanti di suo, ha sempre risentito delle tante (innegabili) emergenze sociali dell’area che tu hai indicato e la cosa non è soltanto legata all’esportazione di criminalità ma si estende anche al piano storico-politico, qui però il discorso ci porterebbe troppo lontano. Il sentimento anti napoletano come lo definisci tu, non è un’esclusiva di Salerno, ma finisce inevitabilmente per emergere in tutti i luoghi in cui la presenza in massa del sottoproletariato partenopeo (non certo i ceti medio alto-borghesi, che si assomigliano in tutte le città della terra) determini puntulmente problemi di convivenza, vedi Calabria, Salento o la stessa Irpinia o il Cilento. Possibile che sia sempre questione di provincialismo e di pregiudizi? Per “alzare la testa” non intendo certo compiere atti suicidi, ma il semplicemente rivendicare una propria individualità storico geografica (che non vuol dire certo voler competere e ritenersi migliori) rispetto alla massa indistinta di comuni che orbitano intorno alla metropoli partenopea e che si richiamano ad una comune identità napoletana retaggio di secoli di completa subalternità politica, economica e culturale.

  • Non è solo un problema di ceti: io ho frequentato bassi ceti sociali di tutta l’area e non è assolutamente detto che al ceto corrisponda *necessariamente* un determinato tipo di comportamento: ci sono un sacco di “poveracci” che non solo non si sognano di disturbare chicchessia, ma non hanno né la voglia, né le risorse per andare a disturbare la gente in giro per il mondo. Quindi, il problema non sembrerebbe correlato al sottoproletariato tutto, quanto a gruppi di sbandati “sciolti” che statisticamente, nel contesto di un’area di oltre 3 milioni di abitanti (e non ho aggiunto la provincia di Caserta), possono apparire rilevanti, e diventare un problema se “calano” in aree come quelle di vacanza cilentane (o altri luoghi che citi), non attrezzate per fare fronte al fenomeno (di passata, ti segnalo che due miei amici napoletani, uno di Napoli-centro, l’altro di Casoria, hanno SMESSO di andare in vacanza in Cilento proprio a causa della fastidiosa presenza di questi barbari).

    Rivendicare la tua individualità storico-geografico potrebbe non essere una buona idea, anche perché stai dicendo a soggetti già sfiancati dalla cattiva fama che li perseguita (a torto o a ragione) che tu sei diverso, quindi è a suo modo non suicida, ma potenzialmente offensivo. Da un altro punto di vista, ricordiamoci sempre che non veniamo considerati in nessun modo “speciali”: numericamente siamo percepiti come la somma di un paio di quartieri di Napoli (es. Vomero e Arenella). La città in sé non li attrae più di quanto non farebbero Castellammare o Pozzuoli, che loro considerano sommariamente periferie, operando distinguo pelosissimi e a volte esilaranti 🙂

  • lungi da me fare discriminazioni legate al censo, so benissimo che quello al sottoproletariato è un riferimento sommario, ma in presenza di esigenze di sintesi ho omesso l’inciso “fatte le debite distinzioni”, considerandola premessa all’intero discorso. Penso però che anche tu sia incappato, credo per le stesse ragioni, in una piccola generalizzazione quando hai affermato che gli unici napoletani che provino risentimento verso i salernitani siano gli “emarginati” delle periferie. In merito – come già detto – io ho esperienze diverse, e non so da dove tua abbia ricavato tale convincimento. Tuttavia, se questa è la tua percezione ne prendo atto. Ho provato a spiegare, per quelle che sono le mie conoscenze ed esperienze dirette, le ragioni di quello che tu hai definito sentimento “anti-napoletano”; tu tendi a farne una questione meramente demografica ma, a ben guardare, non mi sembra che le tue tesi si discostino tanto dalle mie. Il fenomeno a cui faccio riferimento io non coinvolge soltanto il Cilento – i cui cittadini tra l’altro hanno agito per decenni all’insegna del motto “pecunia non olet” – , ma tutte le località turistiche di massa in cui si registri una consistente presenza di persone (questa volta non faccio riferimento all’estrazione sociale) provenienti da quell’area geografica. E non faccio necessariamente riferimento a episodi criminosi ma all’adozione di modelli comportamentali diffusi e radicati, non sempre appannaggio di cani sciolti. Tu hai notizie di problematiche analoghe sorte nei luoghi di villeggiatura abituali di romani, milanesi, bolognesi, palermitani e via dicendo? Io sono più portato a credere che il problema non dipenda solo dall’inadeguatezza delle strutture ricettive, bensì da alcune “peculiarità” del popolo napoletano ben note ai napoletani stessi, fuori da ogni ipocrisia. Che i napoletani che tu frequenti considerino Salerno una periferia di Napoli tenderei ad attribuirlo ad una combinazione di ignoranza e snobismo che mi riporta all’irrisolta questione della loro incapacità di rassegnarsi, a distanza di oltre un secolo e mezzo, al ruolo di capoluogo di regione dopo essere stati capitale di un regno per secoli. Potrebbero considerare – e probabilmente lo fanno – un sobborgo napoletano anche Reggio Calabria, ma credo non ci sia bisogno di spiegare che non sia così. Sostanzialmente il problema mi sembra più loro che mio e dei cittadini salernitani. Fatico a capire cosa c’entrino le dimensioni e la continua riproposizione della disparità demografica con l’elementare affermazione che Napoli e Salerno siano due entità distinte e separate (per quanto comprese nei medesimi schemi fallimentari del Meridione, è bene precisarlo); a parte qualche ultras, qualche decerebrato e qualcuno che accusa ancora i postumi dell’ubriacatura “deluchiana”, nessuno si azzarderebbe a porre sullo stesso piano due entità così diverse. Gli abitanti di Brescia dovrebbero rinunciare alla loro identità perché la loro città è più piccola di Milano? Altrettanto dovrebbero fare quelli di Viterbo rispetto a Roma, quelli di Trapani rispetto a Palermo, quelli di Novara rispetto a Torino, quelli di Savona rispetto a Genova? In merito al fatto che gli abitanti di Napoli non siano attratti da Salerno più di quanto non lo siano da Pozzuoli o Castellammare, anche questo attiene alle tue esperienze personali, che differiscono dalle mie, ma anche qualora così fosse non me ne riterrei particolarmente turbato. A titolo di semplice annotazione, a proposito della famosa indifferenza che tu testimoni, faccio solo notare che dall’insediamento dell’attuale governatore (del quale non sono un fan), ho sentito circolare con molta insistenza il neologismo “salernocentrismo” mentre non mi è mai capitato di sentir parlare di “pozzuolismo” o “castellammarismo”. Mi confermi quindi che la semplice affermazione della propria individualità storico-geografica potrebbe urtare la suscettibilità di qualcuno. Bene, mi sembra che la tua testimonianza sia più eloquente di qualsiasi possibile aggiunta, oltre a spiegare perfettamente cosa intendevo per comportarsi da “campano generico medio”. Credo di aver intuito la tua posizione, ma temo di non averla compresa appieno. Saluti

  • Beh, effettivamente a me non è mai capitato di sentire un solo napoletano (di qualunque livello sociale e nell’arco di una trentina d’anni, circa) parlare in termini di rivalità con Salerno, se non per qualche vicenda legata ad un qualche evento sportivo: come detto, ho trovato semmai indifferenza, una neutra “distanza”, un “ah, sì, carina Salerno”, ma non più di questo. Non ricordo un vecchio adagio napoletano a riguardo dei porti di Napoli e Salerno, ad esempio. Non c’entrano “ignoranza” e “snobismo”, secondo me: al di là di quello che può essere un discorso di natura storica, sono legatissimi alla loro città e al loro territorio, e Salerno non ne fa parte, così come -dicevo- non ne fanno parte Castellammare o Pozzuoli: sono “propaggini”, “periferie”, genericamente “altri luoghi della Campania”. Tu mi dirai: scusa, ma nell’hinterland si ritrovano mucchi di cittadine “indistinte”, quelle non sono propaggini? Lo sono, ma le hanno create loro stessi a partire dalla fine degli anni Settanta, quando si è capito che la città non poteva più contenerli: per cui, sono posti malamente “conquistati” da generazioni di ex-napoletani di Napoli-città, e diventati a loro volta Napoli, molto più di zone che avevano già una loro precisa identità come Pompei, Sorrento, i comuni della fascia costiera vesuviana, l’area dei Campi Flegrei, ecc.ecc. E infatti, in questi ultimi è sì presente il tifo calcistico, ma si avverte un minore legame con la città in sé e con il suo hinterland (che identifico, come avrai capito, come l’area a Nord di Napoli). Spesso, invece, nelle cittadine a Sud di Napoli trovi gente ammirata da Salerno, e questo *anche* semplicemente per una questione di mera vicinanza: tuttavia, ho rilevato che buona parte dell’ammirazione in questione non derivi da Salerno in sé, dalla sua civiltà, bellezza, storia o posti di lavoro che crea, ma sostanzialmente dall’ammirazione per quanto realizzato da De Luca, che è sovente visto come un uomo capace e pragmatico, che ha fatto del bene alla sua città (non è raro sentir dire che il sindaco del tale comune dovrebbe “ispirarsi” a De Luca-sindaco).

    Io non dico che uno debba rinunciare alla propria identità e alla propria storia, ma non capisco nemmeno il senso di starla a rimarcare: dire di essere di Salerno mi conferisce una qualche particolare patente? E’ un salvacondotto? Funziona alla stregua di un “civis romanus sum”? Io ho l’impressione che ci siamo arroccati e abbiamo preso un po’ a vivere in una specie di comfort-zone.

    “Napolicentrismo” e “Salernocentrismo” sono due infelici trovate pubblicitarie: la prima servì alla politica locale per far passare il concetto che non ci fossero sufficienti risorse economiche destinate al nostro territorio, la seconda per far passare il concetto che queste risorse andassero unicamente verso il territorio del politico locale. Credo che non facciano testo entrambe, figurati “il pozzuolismo”. 🙂

    (non ho capito che cos’è il “campano medio”)

  • Francamente non credo di aver mai parlato di rivalità, per rivaleggiare bisogna partire da posizioni di equilibrio e una città media non potrà mai competere con una metropoli, haimè neanche sul piano sportivo. Si è partiti dal tentativo di spiegare le ragioni dell’esistenza di un sentimento di avversione da parte della popolazione salernitana (ovviamente non tutta) nei confronti della città di Napoli e del suo hinterland – esteso impropriamente all’Agro – a fronte di quella che tu hai definito un’assoluta indifferenza della “controparte”. Non vedo come possa influire su quelle motivazioni – sulla cui fondatezza si può ovviamente discutere – il fatto che tale sentimento sia o meno ricambiato. Hai tu stesso osservato che per ovvie ragioni demografiche e storiche Salerno non potrebbe mai riversare sulla popolazione napoletana i riflessi diretti e indiretti delle proprie problematiche sociali, né tanto meno esercitare le funzioni amministrative e civiche Napoli ha sempre esercitato – secondo alcuni non sempre in modo efficace e illuminato – prima su un regno e poi su una regione. Io nel vecchio adagio che tu hai citato – risalente con ogni probabilità all’epoca preunitaria – colgo piuttosto una neppure tanto velata deferenza nei confronti della vicina capitale, ma anche un anelito (vano) di futuro progresso che leggerei piuttosto in chiave positiva, come metafora un po’ iperbolica dell’alacrità che veniva riconosciuta alla popolazione salernitana, ai tempi fortemente vocata alle attività mercantili. Non considero rilevante se i Napoletani di città, ammesso che sia così agevole circoscriverli in tale categoria, apprezzino o meno la città di Salerno; quello che intendevo dire è che l’indifferenza – non di rado ammanta di paternalismo, per quanto mi riguarda – si trasforma rapidamente in supponenza e poi in ostilità in determinate circostanze. Io ritengo che affermare la propria identità sia inteso come un atto provocatorio in quanto mette in discussione una ben precisa gerarchia, non solo perché rappresenta una presa di distanze da quanto di negativo i napoletani rappresentano nell’immaginario collettivo, cosa che evidentemente tu consideri implicita. Il processo mentale che porta al formarsi di quella ideale gerarchia (sperando di averti messo in condizioni di cogliere a cosa faccio riferimento) è lo stesso che porta a ritenere gli altri contesti urbani o proprie appendici, oppure indefiniti “altrove” che si è incapaci persino di collocare sulla cartina geografica. Questo atteggiamento ha secondo me profonde e precise radici storiche ed è l’altra faccia della medaglia del “provincialismo” che viene attribuito (spesso giustamente) ai salernitani. Ho la sensazione che tu dia una lettura del legame con la propria città quando ti riferisci ai napoletani e un’altra quando parli di salernitani. Si può ritenere che le ragioni del legame dei salernitani per la loro terra siano risibili, che tale sentimento vada riconosciuta minore dignità rispetto a quello provato dai napoletani, ma bisogna dirlo chiaramente. Personalmente non ho mai ritenuto la mia una città eccezionale, non ho mai creduto ai mirabolanti proclami di grandeur dell’attuale inquilino di palazzo Santa Lucia ed essendo nato e cresciuto nella zona orientale ne so abbastanza per affermare che l’esperienza amministrativa di De Luca rappresenti una delle tante storie di aspettative tradite viste nel nostro povero Sud. Mi pregio però di essermi accostato alla storia di Salerno scoprendola interessante e persino importante in alcuni periodi. Vi ho trovato gli elementi che le conferiscono una precisa “identità” – senza alcuna connotazione di merito -, che ne spiegano la “territorialità” fortissima della sua popolazione, non meno forte di quella che caratterizza i napoletani e non meno degna di essere rivendicata. Dirò di più e so di toccare un tasto delicato in piena fase di revisionismo risorgimentale: credo non sia nemmeno eccessivamente difficile scorgere le ragioni storiche che giustificherebbero un certo risentimento nei confronti della vicina Partenope.
    La narrazione deluchiana e il culto della personalità che ne è seguito ha avuto, tra i suoi innumerevoli effetti deleteri, quello di oscurare completamente una circostanza che a me appare evidente: come tutti i salernitani sanno anche se in molti fingono di averlo dimenticato il comune di Salerno – al netto del sacco edilizio consumatosi negli anni 60 e 70 e dei problemi arcinoti a chi ha l’età per ricordare – era già mediamente più efficiente e meglio amministrato rispetto ad altri comuni del Mezzogiorno e della Campania ben prima dell’avvento della giunta socialista che fu la vera artefice della famosa rivoluzione urbanistica che De Luca si è intestato e che alla base del suo successo. Ovviamente non pretendo che gli abitanti dei paesi a sud di Napoli (per quanto io conosca fior di vomeresi e posillipini altrettanto ammaliati dal carisma dell’uomo di via Lanzalone) siano a conoscenza di tali retroscena. Saprai certamente quella del “Napolicentrismo” è una bandiera storica della destra salernitana molto tempo prima dell’avvento dell’attuale governatore, che l’ha sapientemente inalberata anche in funzione anti bassoliniana.
    In merito all’inopportunità di rimarcare la propria identità, suppongo che ciò non valga unicamente per i salernitani nei confronti dei napoletani, ma anche per questi ultimi nei confronti di romani, milanesi, veneti e via dicendo. Se così non fosse dovrei dedurne che tu ritenga ci siano identità degne di essere rimarcate e altre che è opportuno sottacere o rivelare con un filo di voce e lo sguardo basso. Mi dispiace ma non ti seguo su questo discorso. Io credo che per quanto nella stessa cesta, siamo frutti diversi, anzi credo che persino due mele siano diverse tra loro.
    Definisco il “campano medio” l’equivalente del “Napolitano” del 700-800, ovvero un generico abitante del vecchio regno che al cospetto della grande capitale accantona la propria identità, si omologa, modifica persino la propria inflessione dialettale pur di non apparire cafone. A scanso di equivoci preciso che non faccio alcun riferimento a te.

  • Chiaramente, ognuno legge la realtà a partire da quelle che sono le proprie esperienze: quindi paternalismi ed ostilità da te incontrati nel corso degli anni (e che non mi sogno di mettere in dubbio), purtroppo non trovano una corrispondenza nella mia esperienza.

    Affermare la propria identità: certamente saprai che un personaggio della statura di Nitti a un certo punto pensò che Napoli, costretta in confini tutto sommato angusti, avrebbe dovuto annettere Pozzuoli e tutto ciò che si trova a Sud di Napoli, fino a Torre del Greco. Questo disegno sostanzialmente fallì, ma furono nel tempo inglobate ad esempio Barra, Secondigliano e San Giovanni, distretti periferici che potremmo -mi scuso per la semplificazione- considerare luoghi dall’identità non molto marcata. Quindi, per certi versi, l’identità ha la funzione, se vogliamo anche positiva, di tenere separate realtà che fanno storia a sé.

    Tuttavia, considerato il fatto che Napoli non ha mai mostrato particolari mire espansionistiche su Salerno, né i napoletani (intesi come abitanti dell’intera provincia di Napoli) hanno mai seriamente preso in considerazione l’idea di spostarsi in massa nel nostro territorio, trovo l’ossessivo distinguersi da Napoli, praticato alla maniera di un mantra da parte di alcuni nostri conterranei, a dir poco eccessivo. Non attacco il fenomeno dell’affermazione dell’identità in sé, ma piuttosto attacco il cieco tifo, la mancanza di conoscenza dei territori, delle persone, della storia, delle questioni: ci sono salernitani che non sanno cosa sia “il salernitano”, sanno solo che “è migliore” di un “napoletano astratto”, frutto frammentario di frammentarie informazioni apprese più attraverso l’aneddotica, le serie tv o la cronaca che dalla reale frequentazione di luoghi e persone. Non sanno contro cosa tifano perché non sono nelle condizioni per poter cogliere la complessità del mondo dei vicini o non intendono farlo, come si trattasse di una forma di compromesso.

    E questo temo sia uno dei motivi per cui Salerno non riesce a crescere e non riesce a diventare “la capitale” nemmeno del Cilento, è una città che “si basta”, si bea della sua “diversità” ma non va molto oltre questo.

    Salerno e la storia di Salerno sono, come giustamente dici, degne di nota: anzi, proprio nell’ultimo trentennio abbiamo assistito ad un fiorire di pubblicazioni di vario genere e qualità, che hanno avuto sovente il merito di portare all’attenzione di un pubblico più vasto vicende di cui spesso non eravamo a conoscenza.

    Concordo sui vagiti della questione della rivoluzione urbanistica salernitana, ma per una serie di vicissitudini (alcune note, altre magari meno), Giordano non ha avuto la fortuna di “arrivare alle masse” come è capitato a De Luca, il cui mito per un certo periodo ha superato i confini di Salerno ed è diventato una forma di speranza per tutti quei comuni che, un po’ come Salerno in alcuni momenti degli anni Ottanta, apparivano devastati da crisi di diverso tipo, alcune delle quali generatesi sicuramente a ridosso del terremoto. De Luca, all’apice del successo, ha rappresentato l’eroe positivo e pragmatico, e non solo per la città di Salerno: magari non esiste nessun modello-Salerno reale, ma esiste un modello-Salerno psicologico che ha reso l’ex-sindaco molto popolare, così come Bassolino-sindaco era stato a Napoli molto popolare.

    Quello che tu dici sul “Napolicentrismo” e Bassolino è un lato della medaglia: dall’altro c’è quello antropologico, che ha contribuito, volente o nolente, a tramutare l’orgoglio in tifo, l’identità in lotta al cafone invasore, ecc.ecc., con il risultato di rendere ancora più complicata la lotta al vero cafone invasore, a favore della lotta al generico fantasma partenopeo di cui sopra, che rappresenta a mio avviso uno dei nostri limiti più grandi.

    (non penso assolutamente che ci siano identità degne di essere rimarcate ed altre indegne)

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