Provenzano morì il 13 luglio 2016 mentre era detenuto al regime di 41 bis nell’ospedale San Paolo di Milano. Il decesso arrivò dopo un lungo periodo di malattia e numerose polemiche sulle sue condizioni di detenzione. Prima della morte i medici gli avevano diagnosticato un grave stato di decadimento cognitivo, lunghi periodi di sonno, rare parole di senso compiuto, eloquio assolutamente incomprensibile, quadro neurologico in progressivo, anche se lento, peggioramento.
Nelle loro conclusioni i medici dichiaravano il paziente “incompatibile con il regime carcerario”, aggiungendo che “l’assistenza che gli serve è garantita solo in una struttura sanitaria di lungodegenza”.
“Non ci sarà un risarcimento”
Da anni l’avvocato del boss, Rosalba Di Gregorio, aveva chiesto senza successo la revoca del regime carcerario duro e la sospensione dell’esecuzione della pena per il suo assistito, proprio in virtù delle sue condizioni di salute. Di Gregorio negli anni precedenti alla morte aveva presentato due istanze di revoca del carcere duro e tre di sospensione dell’ esecuzione della pena. Tutte sono state respinte.
“Quella che abbiamo combattuto – dice Di Gregorio – è stata una lotta per l’affermazione di un principio e cioè che applicare il carcere duro a chi non è più socialmente pericoloso si riduce ad una persecuzione”. Adesso Di Gregorio attende di leggere il provvedimento: “Non ci è stato notificato . dice – perché la decisione è stata presa al termine di un procedimento camerale, ma da quanto ci hanno riferito la Cedu non avrebbe stabilito un risarcimento. Per noi era importante l’affermazione del principio, questa battaglia non aveva come fine l’ottenere risarcimenti monetari”.
“Se lo Stato risponde al sentimento di rancore delle persone, alla voglia di vendetta, lo fa a discapito del diritto – commenta invece il figlio del boss, Angelo Provenzano – Questo credo sia ciò che la Corte di Strasburgo ha affermato sul 41 bis applicato a mio padre dopo che era incapace di intendere e di volere”.
Il governo: “Il 41 bis non si tocca”
“I comportamenti inumani – commenta invece il vicepremier Luigi Di Maio – erano quelli di Provenzano. Il 41bis è stato ed è uno strumento fondamentale per debellare la mafia e non si tocca. Con la mafia nessuna pietà”. Per l’altro vicepremier Matteo Salvini si tratta invece dell'”ennesima dimostrazione dell’inutilità di questo ennesimo baraccone europeo. Per l’Italia – scrive – decidono gli italiani, non altri”. “Rispetto questa sentenza – dice invece il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede – ma non la commento. Voglio sottolineare solo una cosa: il 41 bis non si tocca”.
Maria Falcone: “Strasburgo non mette in discussione il 41bis”
“La sentenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo – annota Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso a Capaci – non mette in discussione il 41 bis che, impedendo ai boss di continuare a comandare anche dal carcere e spezzando il legame dei capimafia col territorio, è stato e rimane uno strumento irrinunciabile nella lotta alla mafia”.
“Da Strasburgo neanche quando sono morti ci risparmiano di menzionarli, e ci ricordano i nostri aguzzini, caso mai cercassimo di dimenticarli – dice invece Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili – Dove era Strasburgo dei diritti dell’uomo la notte del 27 maggio 1993 quando Provenzano ha mandato i suoi uomini a Firenze ad ammazzarci per far annullare il 41 bis, giusto sulla carta bollata? La Corte di Strasburgo ci offende, ci fa indignare mentre riconosce i diritti ai mafiosi post mortum e non batte un colpo sul fronte delle vittime di mafia”