Lettieri, rivolgendosi al presidente gli chiede: «Enzo ma sei convinto di voler fare ancora il governatore? Perché non fai il sindaco di Napoli e rilanci questa città ormai al disastro?».
De Luca glissa ma poi aggiunge: «Realizzare un’opera del genere in Giappone, Francia, Gran Bretagna comporta il lavoro di un anno. In Italia, a sud di Roma, è un atto di eroismo. Un’opera bellissima».
Poi provoca Lettieri: «L’unica opera che non abbiamo completato è il palazzetto della sport. Giua’ (riferendosi a Gianni Lettieri) facci un pensiero. Noi ci mettiamo le idee e tu i soldi. Facciamo un project financing».
Foto Massimo Pica
ritorna a farlo a salerno il sindaco
L’unica cosa che non abbiamo completato è il palazzetto? Ma la porta Ovest, quella Est, il Sea Park, il termovalorizzatore, la riqualificazione del pastificio Antonio Amato, il porticciolo di Pastena, lo stadio Vestuti, l’ultimo tratto del trincerone? La stazione marittima è già in condizioni pietose e viene utilizzata come sala congressi per via del fondale impraticabile; il palazzo di giustizia è già fatiscente; la presunta metropolitana è una barzelletta costata una barca di soldi dei contribuenti. Diciamo pure che a parte un paio di parchi urbani ereditati dalle amministrazioni socialiste, il modello amministrativo praticato da De Luca e i suoi eredi si è tradotto nella cessione a privati di pezzi del territorio comunale per far fronte alle esigenze di cassa. Il tutto giustificato con l’illusione di improbabili trasformazioni urbanistiche e presunti sbocchi occupazionali per le nuove generazioni di salernitani, le cui uniche prospettive alternative all’emigrazione sono e rimangono quelle di entrare nel circuito clientelare delle aziende partecipate, oppure di fare da manovalanza a basso costo alle tante imprese commerciali e di servizi a capitale napoletano insediatesi nel corso degli anni nel nostro territorio.
Vorrei sottolineare il commento dell’amico del 26 ottobre 12.17.
Tutte le cose elencate sono così evidenti e lampanti :ma perché la gente non apre gli occhi?
A proposito, vorrei sapere la percentuale dei “migliaia” di posti di lavoro occupati da salernitani; alle cotoniere era circa il 15-20 %, in quest’altra oasi?
P.s.
Tra tutte le incompiute hai dimenticato l’aeroporto, così giusto per ricordare lo sperpero di altri milioni di euro.
ma se questo ha lasciato a casa molti lavoratori delle cotoniere e molti lavoratori che hanno fatto i lavori per la fabbrica aspettano ancora di ricevere stipendi arretrati!! regaliamogli altri soldi per l’appalto del palazzatto….è sempre lo stesso giro!!!!
fotografia vera ed impietosa di uno sviluppo affidato unicamente al calcestruzzo ,al saccheggio del territorio ed alla peggiore speculazione edilizia .la città ripercorre con triste ripasso le megalomanie degli anni 50/60,anche allora qualche ignorante fatto sindaco era convinto di fare di salerno una città grande lasciando manleva ai famosi maestri di cucchiara . il disastro ambientale ed edlizio é ancora sotto gli occhi di tutti. l ‘unico e solo primato che vantiamo é il consumo di suolo:siamo i 2 in italia.un velo pietoso sulle partecipate comunali affidate ai fedelissmi cavalli di ritorno del giro . sono sempre le stesse teste di legno che nella vita hanno fatto i rappresentanti dei lavoratori senza aver mai lavorato mezza ora .altro che sindaco di napoli forse è ora che il nostro si vada a godere la lauta pensione ,senza lasciarci strascichi familiari . amen
Ma giusto per curiosità ce qualcuno che è stato assunto o come alle cotoniere sono tutti di Napoli e provincia ?
La cementificazione selvaggia avvenuta sotto Alfonso Menna e proseguita, con intensità minore, fino agli anni 80 inoltrati trovava il suo fondamento nella richiesta di abitazioni dovuta ai notevoli flussi migratori che la città attrasse grazie al ciclo espansivo della propria economia. Fu un destino comune a molte realtà urbane italiane nello stesso periodo. Salerno una grande città lo sarebbe probabilmente diventata se i limiti strutturali dell’industrializzazione assistita non fossero emersi col tempo determinando l’estinzione pressoché totale del tessuto produttivo cittadino, con tutte le ricadute ben note a tutti. La particolarità della cementificazione targata De Luca è quella di essere stata concepita e realizzata (stravolgendo persino i dettami del PUC tracciato da Bohigas) in una fase di drammatica flessione della curva demografica seguita da una recessione economica senza precedenti. Ciò che è avvenuto nell’ultimo ventennio a Salerno ha tutti i crismi di una bolla immobiliare clamorosa, il paradosso è che persino in questo scenario i valori dei fabbriccati si mantengono alti perché in gran parte in pancia ai patrimoni delle banche che ne hanno finanziato la costruzione. Si è edificato in assenza di reali esigenze di mercato, o nella migliore delle ipotesi, scommettendo sulla riconversione della città da industriale a turistica mai realmente avvenuta; il tutto con il placet del comune, ben felice di incassare gli oneri concessori per rimpinguare i propri conti dissestati nonostante le tariffe e la tassazione tra le più alte a fronte di una popolazione decrescente e sempre più impoverita. Io mi limito a notare che in altre realtà in cui dinamiche simili si sono verificate, esse sono state oggetto di indagini giudiziarie che, in qualche caso, hanno visto rotolare teste eccellenti.