L’iniziativa “Un ergastolano “belva” può diventare un Angelo?”è stata organizzata dalla parrocchia “Gesù Redentore” e da Casa Nazareth, coinvolgendo gli studenti in un confronto con la storia di un uomo che come lui stesso afferma “ha conosciuto da ragazzo solo il male e poi ha capito che il bene esiste”. I ragazzi hanno partecipato attivamente al dibattito con numerose domande e dubbi sulla “redenzione laica” di Musumeci . Hanno vissuto una giornata di cittadinanza e Costituzione attiva, interrogando noi tutti e l’ospite speciale, sul bene e sul male, su ciò che è giusto e legale, sul riscatto sociale, che conta quanto la legge se stabilisce regole , sanzioni, punizioni, ma anche la possibilità di una speranza di vita.
CARMELO MUSUMECI
Nasce ad Aci Sant’Antonio nel 1955. La sua carriera criminale ha inizio all’età di 16 anni a Massa, in Toscana. In pochi anni diventa capo di un’organizzazione criminale dedita a rapine, traffico di droga, racket, tangenti e bische clandestine. Il Clan Musumeci è protagonista negli anni 80 di una sanguinosa lotta con il Clan Tancredi, e Musumeci viene chiamato il ‘Boss della Versilia’. Viene arrestato il 22 ottobre 1991 con l’accusa dell’omicidio di Alessio Gozzani, ex portiere della Carrarese, amico di Tancredi. Nel 1992 viene condannato all’ergastolo ostativo. Carmelo Musumeci ha iniziato la sua attività di scrittore in prigione, in cui è detenuto dal 1991. Entrato in carcere con la licenza elementare, si diploma da autodidatta e consegue poi tre lauree: nel 2005 in Giurisprudenza con una tesi in Sociologia del diritto dal titolo “Vivere l’ergastolo, nel 2011 in Diritto Penitenziario con una tesi dal titolo “La ‘pena di morte viva’: ergastolo ostativo e profili di costituzionalità” e nel 2016 in Filosofia con 110 e lode discutendo la tesi “Biografie devianti”. Nel 2007 conosce Nadia Bizzotto della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi e da allora ne condivide il progetto “Oltre le sbarre”.
La legge italiana prevede che chi è condannato all’ergastolo possa avere accesso a una serie di benefici, come il regime di semilibertà e la libertà condizionale, godere di permessi e, una volta trascorsi 26 anni di detenzione, essere ammesso alla liberazione condizionale. Non così di regola per l’ergastolano ostativo, che non ha diritto a benefici penitenziari in assenza di una “condotta collaborante” con la giustizia, tranne nei rari casi in cui venga riconosciuta la cosiddetta “inesigibilità della collaborazione”. La Corte costituzionale ha stabilito infatti che i benefici non possono essere negati se risulta impossibile un’ulteriore collaborazione con la giustizia o se è stato raggiunto un sufficiente grado di rieducazione.
Maria Brucale, avvocato ed esponente dell’associazione “Nessuno tocchi Caino” spiega all’Agi la portata del provvedimento firmato dai giudici umbri: ‘ Non mi risultano altre casi di liberazione condizionale concessi a ergastolani ostativi. Musumeci godeva già della semilibertà da due anni, dopo che i giudici avevano riconosciuto l’’ inesigibilità della collaborazione”. È una notizia meravigliosa, un grido di speranza nel buio’. Gli ergastolano ostativi, a differenza di quelli comuni, non hanno diritto a benefici penitenziari in assenza di una ‘ condotta collaborante’ con la giustizia, salvo i casi, rari, in cui venga riconosciuta l’ inesigibilità della collaborazione.
Con il suo blog dalla prigione ( i testi erano affidati a persone a lui vicine che provvedevano a pubblicarli in rete) e alcuni libri, uno scritto col costituzionalista Andrea Pugiotto, Musumeci è diventato la voce degli “uomini ombra”, cioè i reclusi la cui pena detentiva coincide con la durate della vita e una data che non lascia speranze: 31/ 12/ 99999.Musumeci, autore di L’urlo di un uomo ombra e di altri libri sul tema del fine pena, nel periodo di semilibertà lavorava di giorno in una casa famiglia di don Oreste Benzi. Nei giorni scorsi aveva pubblicato sul suo blog una lettera rivolta al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. “Il carcere ti lascia la vita, ma ti divora la mente, il cuore, l’anima e gli affetti che fuori ti sono rimasti. E quelli che riescono a sopravvivere, una volta fuori, saranno peggio di quando sono entrati”, scrive Musumeci.