I carabinieri di Castellammare di Stabia (Napoli), hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare nei confronti di sette persone accusate per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti nonché detenzione e porto abusivo di armi. Due arrestati sono stati tradotti in carcere, 3 ai domiciliari, a 2 è stato notificato il divieto di dimora nella provincia di napoli. I provvedimenti sono stati eseguiti su richiesta del Gip di Torre Annunziata nei comuni di Casola di Napoli, Lettere, Torre Annunziata e San Rufo (Salerno).
I militari hanno indagato sui canali di approvvigionamento per piazze di spaccio nelle province di Napoli e Salerno cui giungevano rifornimenti di marijuana e cocaina. i reati sono stati commessi tra l’ottobre 2017 e il marzo 2018. Due arrestati sono stati tradotti in carcere, 3 ai domiciliari, a 2 è stato notificato il divieto di dimora nella provincia di Napoli.
In carcere – scrive Il Mattino nella sua edizione on line – vanno Ciro Sabatino, 45 anni, di Pimonte, noto come Cipriano, residente a San Rufo, e Giuseppe Sudano, 31 anni, di Salerno. Ai domiciliari, invece, Antonio Marmo, 26 anni, figlio di Michele, sindaco di San Rufo; Ciro Gargiulo, 55 anni, detto ‘o biondo, di Lettere; Antonino Di Lorenzo, 52 anni, alias ‘o lignammone, pregiudicato di Casola. Divieto di dimora in provincia di Napoli per C.D.L., 23 anni, al momento ai domiciliari a Casola, e P.O., 40 anni, benzinaio di Torre Annunziata. I sette hanno tutti precedenti specifici.
Gargiulo e Sabatino – insieme a Di Lorenzo ritenuti tra i più esperti narcos dei monti Lattari – erano stati arrestati a settembre in una piantagione di canapa indiana a Roscigno, sempre nel Salernitano. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Di Lorenzo gestiva una piazza di spaccio di droga, ma con Gargiulo e Sabatino riusciva a rifornire anche i pusher di San Rufo e Teggiano, tra cui proprio il figlio del sindaco Marmo.
Durante le indagini sono stati documentati diversi episodi di spaccio di marijuana (anche un chilo alla volta) e cocaina, mentre alcuni degli indagati erano in possesso di fucili da caccia e centinaia di cartucce, insieme a polvere pirica per ordigni artigianali.
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