Il periodo previsto per ogni lavoratore è di quattro settimane, retribuite, come è specificato nel decreto legislativo 66 del 2003. Mentre l’articolo 2109 del Codice civile stabilisce che “Il prestatore di lavoro ha … anche diritto … ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, dagli usi o secondo equità”.
Questo è quanto prevede la legge nel nostro Paese. Le ferie quindi devono tenere conto anche dell’esigenza dell’azienda, ma devono anche essere, nei limiti del possibile, continuative. La gestione del piano ferie annuale deve essere redatto dal datore di lavoro, in base alle necessità dell’impresa ma anche tenendo conto dei bisogni dei dipendenti, che possono comunque chiedere di differirle o di annullarle.
Il titolare, in virtù del proprio potere di stabilire il periodo di godimento delle ferie, può decidere di chiudere l’impresa, come spesso avviene nel mese di agosto, sospendendo totalmente l’attività o fermando solo alcuni reparti, senza che il lavoratore possa opporsi.
Come ha spiegato l’Adnkronos, esistono tre tipi di ferie: un primo periodo di due settimane va goduto in modo consecutivo nel corso dell’anno di maturazione. È opportuno ricordare che le ferie si maturano anche nei periodi di assenza per malattia, congedi matrimoniali, maternità, paternità. Non vengono conteggiate ai fini della maturazione le assenze ingiustificate, l’aspettativa, lo sciopero, il servizio di leva. Le restanti due settimane vanno richieste nei 18 mesi successivi all’anno di maturazione anche in modo frazionato. Queste 4 settimane non possono essere indennizzate. I lavoratori possono cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ad altri dipendenti dallo stesso datore, per consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure.
Il terzo tipo di ferie riguarda i contratti collettivi, ovvero quei contratti normati dall’art. 51, D.Lgs. n. 81/2015, nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. In questo caso le ferie possono essere indennizzate, perché sono in più rispetto alle canoniche quattro settimane.
Per quanto riguarda la modalità con cui bisogna richiedere le ferie, la legge non fissa alcuna regola: la richiesta può essere effettuata anche in forma orale. La giurisprudenza però, in presenza di una consolidata prassi aziendale, ha stabilito che la richiesta di ferie effettuata via e-mail al capo del personale o ad altro responsabile comunque è legittima.
Il mancato godimento del periodo minimo legale delle ferie (4 settimane entro il termine previsto dalla legge o quello più ampio stabilito dai contratti collettivi) è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro. Questa sanzione è aumentata se la violazione riguarda più di 5 lavoratori e si è verificata per due anni. In questo caso la multa va da 400 a 1500 euro. Se la violazione riguarda più di 10 lavoratori e si è prolungata per 4 anni, la sanzione va da 800 a 4500 euro.
Le ferie non godute possono essere monetizzate, ossia possono essere convertite in indennità sostitutiva. In caso di decesso del lavoratorea la Corte di giustizia Europea ha stabilito che l’indennità sostitutiva per ferie non godute spetta ai suoi eredi anche in assenza di specifica domanda degli interessati.
Fonte FanPage.it
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