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La frittura fa male: lo dice la scienza. Cibi fritti aumentano rischio di morte

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Brutte notizie per gli amanti delle patatine fritte e dei cibi fritti: queste pietanze, consumate in modo eccessivo, possono difatti causare un aumento del rischio di morte prematura, in particolare per le donne. A diffondere la notizia è uno studio dei ricercatori della Università dell’Iowa, USA.

Il team ha analizzato i dati relativi a 106.966 donne di un’età compresa tra i 50 e i 79 anni, rilevando che le partecipanti che consumavano in abbondanza questi cibi fritti, specialmente il pollo e il pesce, correvano un rischio più alto del 13% di morire rispetto alle donne che effettuavano scelte alimentari più salutari.

Secondo la scienza, consumare una o più porzioni di frittura al giorno aumenta questo rischio di morte dell’8%; risultati che sono rimasti identici anche quando gli scienziati hanno tenuto in conto altri importanti fattori, quali il livello di fitness e l’attività fisica delle partecipanti. «Il consumo frequente di cibi fritti, in modo particolare di pollo e pesce, è associato ad un aumento del rischio di tutte le cause di morte cardiovascolare nelle donne degli Stati Uniti», scrivono gli autori della ricerca.

«Abbiamo identificato un fattore di rischio della mortalità cardiovascolare che è prontamente modificabile dallo stile di vita e dalle scelte alimentari. Ridurre il consumo di fritture, e di questi due cibi fritti nello specifico, può avere un effetto significativo attraverso tutto lo spettro della sanità pubblica».

Solo per quanto riguarda il consumo di pollo, il rischio aumenta del 13% per qualsiasi causa di morte e del 12% per la mortalità dovuta ad una malattia del cuore. Con il pesce, invece, la percentuale si abbassa al 7% e al 13% rispettivamente. Secondo gli esperti, il pollo e il pesce sono i due cibi che si friggono più intensamente.

Questo argomento, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ha ricevuto scarsa attenzione da parte dell’industria alimentare e dei ricercatori, nonostante le informazioni a riguardo siano disponibili da molto tempo e le preoccupazioni legate alla salute siano piuttosto serie. Si parla di malformazioni del feto durante la gravidanza, rischio di ulcere, problemi alla pressione sanguigna.

Per tali ragioni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fissato un limite giornaliero di sicurezza circa gli aldeidi, perché il riscaldamento dell’olio, soprattutto se di semi, favorisce la formazione di aldeidi ossigenate, sostanze potenzialmente pericolose e collegate, in alcuni studi, all’insorgenza di malattie gravi. La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica British Medical Journal.

Giovanni D’AGATA

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