Come ogni anno, anche per quello in corso, ci sarà un giorno in cui dormiremo un’ora in meno e ne godremo di una in più di luce.
Molti continuano a chiedere se non sarebbe meglio avere sempre i pomeriggi un po’ più luminosi. Ragionevolmente sì, ma a quanto pare non tutti in Europa son d’accordo.
A scandire e determinare le attività umane per lunghissimo tempo sono stati l’alba e il tramonto, pur se il loro manifestarsi varia nel corso dei 12 mesi. Ad imporre una uniformità oraria convenzionale è stata da un lato, la innovazione tecnologica (segnatamente del comparto ferroviario) e dall’altro, il coordinamento bellico e soprattutto il risparmio energetico per le esigenze di guerra.
L’Italia e altre nazioni europee adottarono l’ora legale nel 1916 proprio per questo motivo. Da noi tale scelta ha avuto periodi alterni sino al 1965, anno in cui, mediante un decreto legge, fu definitivamente istituita.
Tutti gli Stati dell’UE adottano il doppio cambio annuale dell’ora e se l’ora legale fa risparmiare, quella solare fa aumentare il consumo energetico. Alternare l’andamento delle lancette, due volte l’anno, non è tuttavia solo una questione di risparmio dei consumi. Se alcuni Stati giudicano favorevolmente più ore di luce la sera, altri disapprovano mattinate più buie e fredde; cosa che si rimarca a seconda delle aree e della latitudine del territorio, dal Nord al Sud dell’Europa.
Il parlamentare europeo sloveno, Igor Soltes, di recente ha presentato una proposta di legge per abolire il cambio stagionale e a supporto ha richiamato i risultati di un sondaggio voluto dalla Commissione Europea, svolto tra luglio e agosto 2018, attraverso il quale si son raccolte 4,6 milioni di risposte di cui, ben l’84 % a favore dell’interruzione dei cambi semestrali dell’ora. Va stigmatizzato, però, che a rispondere alla consultazione sono stati soprattutto cittadini tedeschi e dell’area settentrionale, i meno propensi al passaggio dall’ora solare a quella legale.
Qualche tempo fa, con altre argomentazioni, già trattai il tema, ma ahimè da allora nulla di rilevante è avvenuto. Appare evidente che pure la collocazione geografica dei Paesi membri renda complicato trovare una quadra, su questa come su altre questioni di centrale importanza.
È l’ulteriore segno che il difficile percorso verso l’unione dei popoli, ormai avviato da anni, sia ancora ben lungi dal traguardo. È giunta, forse, l’ora di imprimere una poderosa accelerata e di abbattere taluni steccati culturali ancorché ideologici e, perché no, anche strutturali.
Tony Ardito
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