«Quando ero lì – racconta De Rosa, trentaquattrenne infermiere dell’ospedale Santa Croce – non pensavo ad altro se non a tagliare la fascetta che stringeva il collo del bambino e gli impediva di respirare. Poco dopo averlo liberato da quel cappio, però, ho pensato a che cosa sarebbe potuto succedere se non ce l’avessi fatta così in fretta».
Erano circa le 12 dell’altro ieri, in una viuzza malandata a sud del fiume Metauro, quando De Rosa ha visto quel bambino sdraiato a terra con la fascetta stringente che gli serrava la gola (secondo le prime ricostruzioni dell’accaduto se la sarebbe stretta per gioco, inconsapevole del pericolo) e la madre al suo fianco che urlava disperata. Evidenti i segni dell’asfissia sul volto del piccolino.
Ancora poco tempo, forse una questione di secondi, e la fine della storia sarebbe stata ben diversa: tragica. Invece il giovane infermiere della geriatria fanese è riuscito a tagliare la fascetta, ma non senza faticare: prima ha provato con un paio di forbici, che però si è rotto, e subito dopo con un coltello, prestando attenzione a non fare male al bambino.
Quel laccio di plastica, infatti, si era come saldato alla pelle del collo. Adesso qualche vicino di casa, scherzando, lo chiama eroe, ma De Rosa si schermisce. Nella sua vicenda personale, però, si può rintracciare un talento da angelo custode dei bambini in difficoltà. Gli era già successo circa cinque anni fa, a Senigallia, di intervenire per salvarne un altro da un principio di soffocamento.
«Ero a una fiera campionaria – racconta De Rosa – insieme con mia moglie, mia cognata e mio cognato, quando ho notato che si stava praticando una manovra anti-soffocamento a un ragazzino al quale era andato di traverso del cibo. Cercavano di aiutarlo, ma nel modo sbagliato, così mi sono avvicinato e ho effettuato la manovra corretta. A quel punto tutto è andato a posto. Anche quella volta la situazione era piuttosto grave e complicata, ma lo è stata ancora di più nel caso del bambino in asfissia a causa della fascetta».
Quando si dice il caso. Il giovane infermiere non sarebbe dovuto passare per la viuzza della periferia sud, la passeggiata con i suoi due figli (un maschietto e una femminuccia), il nipotino e il cognato prevedeva un altro percorso. Un cambio d’idea quanto mai provvidenziale. Il bambino di 5 anni, figlio di immigrati, è stato poi trasportato in ospedale e ricoverato, in ogni caso le sue condizioni non erano più ritenute di particolare gravità.
«Rivolgo un pubblico plauso, a nome di tutti i fanesi, all’infermiere Pasquale De Rosa, che è intervenuto fuori servizio per salvare la vita di un bambino». L’episodio ha colpito il sindaco Massimo Seri, che prosegue: «De Rosa merita riconoscenza per avere dimostrato altruismo, senso del dovere, coraggio, nervi saldi e capacità operativa, proprio le doti che i cittadini si aspettano da un bravo infermiere. Ritengo inoltre che il suo gesto sia un’ottima referenza sulle capacità professionali e umane del personale in servizio all’ospedale Santa Croce».