Al centro dell’arco, sempre in pietra c’è lo stemma di una antica famiglia nobiliare Salernitana che nel 1750 costruì il palazzo.
C’è un’aria dimessa, muri scrostati, sulla destra una piccola struttura antica in legno con tre finestre sempre in legno, sono chiuse con vetro opaco e sporco, in alto all’esterno una scritta, Portiere sempre sulla destra una porticina d’ingresso ermeticamente chiusa.
Dirimpettaia a questa struttura, c’è ne un altra, e ‘ uno sgabuzzino, somiglia ad un cubo, sempre in legno, mentre l’ altra piccola struttura era una nicchia incorporata al muro, questa si posiziona in un angolo del Portone un po’ distante dal muro si capisce che è stata inserita in un secondo momento.
Una lampadina al centro del piccolo box, fa una luce fioca, illumina la figura di don Eduardo il calzolaio che con il capo chino e una schiena fortemente ricurva ripara le scarpe.
Faccio pochi metri ed entro nel cortile, c’è un aria vuota, regna la calma, il silenzio dello spazio vuoto.
Alzo la testa, mi incantano le scale, sembrano una quinta teatrale, grandi finestroni da cui le scale prendono luce. Mi rendo conto che le scale erano un luogo di ritrovo dove si svolgeva parte della vita sociale. I pianerottoli affacciano gli uni aperti sugli altri per consentire alle donne di passarsi notizie mentre svolgevano le faccende domestiche.
Torno indietro, nel palazzo non c’è vita, ritorno da Don Eduardo che mi dice :
‘ qui non abita più nessuno ci sono solo io che da 30 anni riparo le scarpe, vengono le persone entrano nel portone mi portano o riprendono le scarpe e poi vanno via.’
Oggi 2018 il portone e ‘ bellissimo, tutto ristrutturato, negli appartamenti ci sono silenziosi studi professionali.
Lo sgabuzzino del calzolaio non c’è più, mentre la struttura in legno del portierato è restaurata ma senza portiere.
Penso che per 30 anni, dagli anni ’60 agli anni’ 90 l’ antico palazzo nobiliare era stato abbandonato perché ritenuto fuori moda, tutti nei nuovi PARCHI IMMOBILIARI costruiti in città e solo don Eduardo ha avuto la capacità di ‘dare vita’ a quel PORTONE mantenendo, amabilmente, romanticamente, artigianalmente e per 30 anni il filo di collegamento con la nostra storia.
Don Eduardo ora non c’è più ma purtroppo non ha saputo in vita come è stato importante il Suo lavoro di calzolaio.