Il 23 aprile scorso, Pierluigi Battista ha scritto sul Corriere della sera che la situazione attuale è paragonabile a quella del 25 aprile 1994, esattamente quindici anni fa, quando: “Agitando il pericolo fascista (di un fascismo inesistente, esistente soltanto nelle fantasie catastrofiste di una sinistra che si sentiva impotente) non solo si attingeva a un repertorio stranoto e rassicurante, con il feticcio dell’‘unità antifascista’, ma si evitava la fatica del ricominciare pazientemente da capo”.
E allora, colgo lo spunto per una breve riflessione, partendo da un semplice interrogativo: chi è “fascista”?
Certamente, essere “fascisti” non appartiene a una “categoria dello spirito”, così come l’avrebbe viceversa intesa il filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel. E questo, perché penso che l’equivoco nasca in effetti proprio dalla divisione in categorie dello spirito ovvero una divisione puramente ideologica, conseguente alle tesi del più noto filosofo tedesco nato a Stoccarda, operata da David Strauss nel 1837 tra una sedicente “destra” e una altrettanto sedicente “sinistra”.
Infatti, considerando soltanto due brevi ma emblematici episodi della nostra breve storia d’Italia, se si trattasse di una categoria dello spirito sarebbe praticamente impossibile spiegare come, a seguito dell’amnistia-Togliatti intervenuta nel 1946, molti di coloro che erano stati “fascisti” nell’epoca di Mussolini divennero immediatamente “comunisti” nell’era della nascente Repubblica e anche, ripetiamo, molti di coloro che erano stati “fascisti” nell’epoca di Mussolini continuarono o ripresero a occupare importanti ruoli e funzioni anche istituzionali nell’era, ripetiamo, della nascente Prima Repubblica.
E pertanto, in un articolo pubblicato il 29 ottobre 1944, dal titolo Chi è fascista?, già un altro importante filosofo, per giunta italiano, quale Benedetto Croce scriveva che nelle “quotidiane polemiche, la qualificazione di ‘fascista’ è lanciata e rilanciata assai spesso dall’un avversario all’altro (…) Ma quella parola, nei modi in cui ora è adoperata, rischia di diventare un semplice e generico detto di contumelia, buono per ogni occorrenza, se non si determina e non si tien fermo il proprio suo significato storico e logico”.
Oggi, siamo in democrazia e il fascismo per tutti noi italiani rappresenta per fortuna soltanto una storia o un ricordo narrato ancora da coloro che lo vissero oltre settant’anni fa.
La democrazia è “cosa” assolutamente diversa dal fascismo, non perché presuppone un diverso principio o idea, ma perché ammette – attraverso i fatti che quotidianamente accadono – la possibilità costante pratica e reale di un’alternanza di governo. Al cui proposito, nell’articolo richiamato in apertura, lo stesso Pierluigi Battista conclude: “… la cosa più difficile, ma è l’unica che abbia un senso”.
Angelo Giubileo