Il governo e la grande distribuzione britannici stanno collaborando per individuare una soluzione comune.
L’obiettivo è quello di ridurre della metà lo sperpero di cibo entro il 2030. Si consideri che nel Regno Unito ogni anno vengono gettati 10,2 milioni di tonnellate di alimenti, di cui 2 milioni provenienti dal settore produzione; 1 milione da hotel e ristoranti, 260 mila tonnellate dalla vendita al dettaglio e il resto dalle famiglie. Il ministro dell’Ambiente, Michael Gove, lo ha definito uno scandalo ambientale, ma soprattutto una questione morale.
Peraltro, ogni anno le imprese e i privati gettano nei rifiuti generi alimentari per un valore di 20 miliardi di sterline e le emissioni inquinanti, che derivano dallo smaltimento, equivalgono a quelle prodotte da una macchina in più per ogni famiglia. È ancora tanto, troppo, il cibo che non passa neppure per le tavole e finisce direttamente nella spazzatura.
Il governo del Regno Unito chiederà alle aziende alimentari di rendere pubblici i dati sugli sprechi entro i prossimi dodici mesi, oltre che di mettere a punto strategie per ridurre i rifiuti.
Anche nel nostro Paese, tuttora finiscono direttamente in pattumiera 36 kg di cibo all’anno pro capite (in particolare pane, latticini, sughi, frutta e verdura fresca). Una media di 85 kg di gettati a famiglia; 2,2 milioni di tonnellate in tutto il territorio nazionale, per un costo complessivo di 8,5 miliardi di euro, pari allo 0,6% del Pil.
Per fortuna, si registra una maggiore sensibilità verso la problematica. Nell’ultimo anno, tre italiani su quattro hanno diminuito la quantità di cibo cestinato. Ciononostante, gli sprechi domestici rappresentano il 54% del totale: ben più di quello che va perso nella ristorazione (il 21% del totale), nella distribuzione commerciale (15%), nella trasformazione della materia prima (2%) o nell’agricoltura (8%).
Nel mondo, gli alimenti destinati alla discarica ammontano a 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, ma è davvero sconcertante dover constatare che, ancora oggi, un miliardo di esseri umani non abbia cibo a sufficienza. Eppure, per fornire un contributo alla causa, sarebbe già utile che ciascun consumatore prestasse un pizzico di attenzione nei gesti quotidiani, a partire dall’acquisto, sino alla conservazione.
Ci avevano fatto credere che grazie al progresso, alla tecnologia, alla globalizzazione, alle nuove opportunità, povertà ed indigenze sarebbero diminuite, ed invece no. È una questione fortemente legata ad un cambio di mentalità dei popoli, ma soprattutto alle responsabilità dei governi e dei potenti.
Tony Ardito