Eccola, allora, la madre di tutte le domande: l’attuale proprietá della società granata sará capace di capitalizzare questo patrimonio di viscerale passione, di straripante entusiasmo, di senso di appartenenza, di legame indissolubile tra la maglia e la gente, che si é ricostituito (dopo aver sperperato fiducia, interesse ed entusiasmo, per tutta la scorsa stagione, prima della doppia finale playout con il Venezia) e che é cresciuto a dismisura in questi ultimi tre giorni???
E ancora: Lotito e Mezzaroma (dai quali, piaccia o non piaccia, si riparte!) avranno finalmente compreso, dopo un “tirocinio” lungo otto anni, che questa piazza ha necessità, diritto, potenzialità per fare il definitivo salto di categori…A, che si è conquistato sugli spalti e per le strade?
E infine: questa compagine societaria ha la volontà concreta di riscattare, con i fatti e non a chiacchiere, le ultime quattro fallimentari stagioni di serie B, con un cambio di strategia radicale e con segnali reali di discontinuitá con il passato, a cominciare dalla scelta di dirigenti che non abbiano scheletri nell’armadio; che non dividano ma (ri)uniscano l’ambiente; che siano legittimati dai risultati sportivi e non da oscuri criteri di valutazione; che scelgano il dialogo e non il muro contro muro e, soprattutto, che sappiano individuare i profili giusti (dall’allenatore ai calciatori) per non spegnere sul nascere i sogni e per onorare l’essenza del calcio, e dello sport in generale, che è competizione e quindi esigenza di lottare per vincere e primeggiare, invece di continuare a vivacchiare?
Aspettiamo risposte, chiare ed esaustive, dall’Imperatore romano Claudio da Villa San Sebastiano, magari giá nella conferenza stampa convocata per lunedì 24 giugno.
Ma é tempo che si faccia, tutti insieme, anche un esame di coscienza.
A iniziare dalle varie anime e voci della tifoseria (che non a caso, per difetto forse di una leadership forte, hanno in modo plebiscitario riattribuito a Ciccio Rocco il ruolo di unico carasmatico capo ultras, purtroppo non piú operativo!), smettendola di stilare classifiche di merito tra chi ha fatto piú chilometri al seguito della squadra e chi ha sottoscritto piú abbonamenti a Dazn .
E proseguendo anche con noi giornalisti e con le istituzioni locali. Esame di coscienza per tentare – sarebbe ora!!! – di soffocare manie di protagonismo, gelosie, individualismi e stucchevoli contrapposizioni; per tornare ad essere un’entità, se non unica, almeno piú coesa e autorevole da potersi far rispettare dall’interlocutore proprietà: accadrà mai??
Intanto il primo anno del secondo secolo della storia della Salernitana é ufficialmente giá cominciato…
Enrico Scapaticci giornalista
Passato il santo…passata la festa.
Scherza con i fanti ma lascia stare i santi.
Forza Salernitana, sempre!
E’ stato come tornare nel passato, ad un tempo dove la passione calcistica era viscerale, sentita ed onesta. Il sapore di un ricordo semplice ed umile, fatto di fumogeni granata, del profumo del mare e colori dei pomeriggi assolati salernitani, dei cori e della “mevz”. Un salto nel passato di più di venti anni (almeno per il sottoscritto), nostalgico nel senso buono del termine.
Tutto ciò stride con l’attuale idea di calcio, con l’attuale presidenza di un gruppo di forestieri che non può capire cosa rappresenti questa squadra per ciascun salernitano, perchè in essa si coagula lo spirito di una comunità medio piccola, certo, ma forse proprio per questo sanguigna, e che nei suoi pochi ma ricchi riferimenti identitari, riesce a riunire ogni ceto sociale cittadino, dall’avvocato al piccolo commerciante, da Mariconda a Via Roma.
Non è una questione di serie B o C, che interessi o meno il calcio, sta di fatto che la Salernitana è come il Lungomare, Il duomo o il Pennello…è nella stessa essenza della città ed è per questo che merita rispetto.