Lo scrive Il Mattino. La conseguenza di questa sentenza è che il personale sanitario che assiste le donne in travaglio, se commette errori fatali per negligenza, imperizia, o disattenzione, verrà condannato per omicidio colposo e non per aborto colposo, reato meno grave.
Afferma infatti la Suprema Corte che il feto, «benché ancora nell’utero», deve essere considerato un «uomo» durante il travaglio della gestante, nel momento cioè della «transizione dalla vita uterina a quella extrauterina».
E dunque, ad avviso degli ermellini, l’ostetrica negligente che provoca la morte del feto per non aver correttamente monitorato il battito cardiaco risponde di omicidio colposo e non di aborto colposo.
Il caso in specie si riferisce alla conferma da parte della Cassazione della condanna per omicidio colposo a un anno e 9 mesi di reclusione, pena sospesa, nei confronti di una ostetrica. La donna, F. G. di 44 anni, non aveva adeguatamente monitorato il battito cardiaco di un feto mentre la madre era in travaglio e le era stata somministrata l’ossitocina per aumentare le contrazioni. L
‘ostetrica continuava a rassicurare il ginecologo di turno che tutto procedeva regolarmente. Invece il bimbo fu estratto dall’utero già morto, per asfissia. Se il monitoraggio fosse stato adeguato il bimbo, perfettamente sano, poteva essere salvato con un cesareo.
Fonte Il Mattino