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La cintura di affetto attorno a Andrea Camilleri (di Cosimo Risi)

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E’ l’autore nazional – popolare per eccellenza, gli si concede tutto, anche di farsi intubare al Santo Spirito di Roma in attesa di un bollettino che l’Ospedale nega fino a notizie concludenti, la più probabile delle quali è quella che non vorremmo.

Andrea Camilleri era parecchio anziano e parecchio acciaccato anche prima del colpo che l’ha costretto al Santo Spirito, il nosocomio alle spalle del Vaticano con il suo corredo di statue, saliscendi di scale, cortili interni con qualche foglia, che ti chiedi come possa accogliere i degenti invece che gli incunaboli della biblioteca del Nome della rosa.

Ci vuole un luogo letterario per il respiro assistito dell’Autore. E’ probabile che la scelta del Santo Spirito sia dovuta alla vicinanza all’abitazione dello Scrittore in Prati, praticamente là dietro. Nell’arte la coincidenza non è casualità, è vaticinio.

Lungo la facciata sul Lungotevere, poco prima di Regina Coeli e dell’Orto Botanico, la statua reca il cartello di una ragazza che augura a Camilleri vita più lunga di quella finora vissuta. Un ragazzo siciliano telefona più volte al giorno per notizie, prega il centralinista di richiamarlo in caso di buone nuove: mica può restare, così giovane, senza il Grande Vecchio.

Dal vivo ho incontrato due volte Camilleri in due diversi eventi all’Auditorium di Roma.  La prima era per la presentazione del Montalbano televisivo, in cui ebbe una parte Belén Rodriguez,  seduta in prima fila accanto all’Autore, a Zingaretti, a Sironi. La soubrette, che fa parlare di sé quando recita e soprattutto quando non recita, era insolitamente in ombra, tutti erano oscurati dal Maestro, quasi che lo sceneggiato fosse opera sua e non della troupe. Montalbano non era Zingaretti, era Camilleri.

La seconda volta Camilleri era intervistato da un giornalista in occasione della milionesima copia dei suoi romanzi tradotti in decine di lingue. Certo – gli rammentava l’intervistatore –  hai scritto molteplici romanzi “senza Montalbano”, ma per tutto il mondo sei “il padre di Montalbano”, un interprete vittima del successo del personaggio.

Capitò a Georges Simenon. La critica lo sdoppiò “nell’altro Simenon”, quello senza il Commissario Maigret, inutilmente affermando che “l’altro” era migliore dell’originale. Nulla da fare. L’editore, complici i lettori, pretesero il ritorno di Maigret dalla pensione per un’ultima inchiesta. A differenza dei loro autori, gli investigatori non muoiono, rivivono in un’altra storia.

Ancora ci chiediamo da dove venga l’irresistibile successo di un Autore anziano, dalla lingua astrusa anche per i siciliani, comunista e non credente dichiarato, in un paese dove a dichiararti comunista e non credente, meriti al massimo la compassione che si deve ad un’anima persa.

Camilleri non crede al crocifisso, eppure critica chi ne fa un uso pacchiano nei comizi. E’ il laico autentico,  in prima linea a prendere le ragioni di coloro che non la pensano come lui. Da laico non ama la parola tolleranza, pratica l’ascolto e il rispetto.

Camilleri – Montalbano, uniti dal comune sentire di comunisti e non credenti, sono quello che la moltitudine dei lettori e degli spettatori vorrebbe in fondo essere e non è. Sono il nostro salvacondotto letterario.

La giostra dei personaggi di Vigata ci proietta in un mondo ideale dove la giustizia funziona, i laici sono pari ai fedeli, le donne agli uomini, gli stranieri ai nazionali.

Vigata è Utòpia, il regno dell’impossibile, reso possibile da uno Scrittore che non scrive più per la cecità e detta alla sola persona in grado di trascrivere il vigatese.

Anni fa Camilleri dichiarò di avere depositato nella cassaforte di Sellerio il romanzo conclusivo del ciclo Montalbano, da pubblicare postumo.  Non abbiamo fretta di leggerlo.

Cosimo Risi

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