La paziente viene registrata al triage alle ore 10.17 presso il P.O. di Battipaglia, e viene sottoposta a visita alle ore 10.54. In accettazione vengono richiesti, e subito eseguiti, i seguenti esami e prestazioni: RX anca; RX torace telecuore, RX femore sx, TC encefalo, esami di chimica clinica, esami di enzimatica cardiaca, visita cardiologica, visita ortopedica.
Pertanto si è proceduto ad effettuare tutti gli approfondimenti al fine di escludere la presenza di altre patologia che avrebbero potuto essere le cause della caduta e per le quali, eventualmente, poteva rendersi prioritario il trattamento.
Inoltre, in previsione di un possibile intervento chirurgico per la riduzione della sospetta frattura, non essendoci disponibilità presso il nosocomio Battipagliese, è stata tempestivamente avviata, tramite la C.O.T. del 118, la ricerca per il trasferimento della stessa c/o altro ospedale.
La ricerca, effettuata alle ore 12.59, dà indicazione di disponibilità presso il P.O. di Cava De Tirreni, laddove la paziente può immediatamente essere trasferita, per il successivo intervento. Non risponde al vero, pertanto, l’asserzione dell’assenza di posto letto in ambito provinciale.
Giunge, però, a questo punto, il rifiuto telefonico espresso dalla figlia della paziente, che per intanto era stata informata dalla madre, ad accettare il ricovero presso il P.O. di Cava, con la decisione di trasferire la mamma, privatamente, presso una struttura ospedaliera romana.
Pertanto, alle ore 17:26, la sig.ra viene dimessa su base volontaria, dopo aver praticato la necessaria terapia, con diagnosi di frattura “basi cervicale/per trocanterica anca SX”.
Da quanto verificato, pertanto, emerge che l’assistenza alla paziente è stata continua ed adeguata, e che la stessa è stata continuamente monitorata.
La decisione di trasferirsi a Roma è stata volontariamente assunta dalla paziente e dettata, certamente, da motivi personali, connessa alle evidenti difficoltà per i familiari di assistere la propria congiunta a chilometri di distanza dalla loro residenza,e per un periodo che, considerata la diagnosi, si profilava abbastanza lungo.
Sulla circostanza che alla paziente il ritorno a Roma sia costato “oltre 600 euro”, và rilevato che essa non è certamente legata ad una responsabilità assistenziale, trattandosi, invero, di una decisione totalmente volontaria, e certamente non determinata da deficit o buchi nell’assistenza.