Ma con l’aiuto di qualche con confidente- e nel silenzio omertoso di testimoni del delitto e degli stessi familiari di D’Onofrio- gli inquirenti intuiscono pure il ruolo di alcuni gregari, mettendo a segno lo scorso anno un duro colpo alle piazze di spaccio di Siniscalchi. Lo scrive Liratv.com
Finiscono sotto la lente in tanti, tra questi Lucia Rispoli madre di Siniscalchi e Gianluca De Filippis- detto il barbiere- il quale conferma subito non solo di spacciare per conto dei Siniscalchi ma anche di aver subito minacce di morte, se non avesse saldato un debito da mille euro per una partita di droga. Le assonanze con quanto emerso nel caso del delitto D’Onofrio sono notevoli.
Gli investigatori hanno a questo punto un ritratto compiuto della personalità violenta di Siniscalchi, captano i discorsi che altre figure di spicco della criminalità salernitana fanno sul suo conto (uno di questi è Ciro Persico), raccolgono le dichiarazioni di chi ha sentito lo stesso Siniscalchi vantarsi di un delitto, le discussioni avute con il padre Gaetano sui metodi da usare: «piuttosto che picchiare – diceva Eugenio- dobbiamo sparare».
Dalla base operativa tra San Mango e Castiglione del Genovesi, Siniscalchi voleva farsi strada a colpi della pistola semiautomatica che serviva per incutere terrore a pusher ed acquirenti e di minacce continue, complice lo stato di alterazione in cui spesso si trovava per abuso di droga o psicofarmaci.
In questo contesto, l’eliminazione plateale di Ciro D’Onofrio in Viale Kennedy a Pastena suona come un messaggio, ma non appare figlio di una strategia: i fratelli Siniscalchi lo uccidono con premeditazione ma non per un disegno preciso. Aveva sgarrato a parole e soldi, Ciro D’Onofrio, e questo è bastato per farlo fuori due anni fa.
Fonte LIRATV.com