“Al momento – ha spiegato Omini – sono stati rimossi e spostati 15mila metri cubi di materiale, circa 35mila tra monconi abbattuti con esplosivo e palazzi demoliti”. Ancora da iniziare, invece, le operazioni sul cavalletto della pila 10 (i cui detriti sono in via Fillak), per il quale bisognerà attendere il via libera dei periti.
“Quando arriverà – prosegue Omini – sara’ necessaria una ventina di giorni”. A chiudere definitivamente la demolizione sono stati però i lavori sulle pile 1 e 2 del Morandi, quelle immediatamente a ridosso della collina di Coronata.
Intanto però non mancano le polemiche, a partire da quelle del’Osservatore Romano secondo cui a un anno dalla tragedia “tante promesse restano mancate”. Il giornale della Santa Sede sottolinea come “a un mese dal crollo il ministro dei trasporti Danilo Toninelli annunciava la nascita di una task force mai vista fino a oggi per monitorare le infrastrutture nazionali e verificarne lo stato di salute. Non è andata meglio neanche per la creazione della banca dati” utile all’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali”.
E anche l’arcivescovo di Genova, cardinale Angelo Bagnasco, ha detto che se la crisi politica dovesse rallentare la costruzione del ponte di Genova e le altre grandi opere previste per la città sarebbe “una sconfitta grave per l’intero Paese agli occhi nostri e del mondo”.
Il porporato ha quindi detto che i parenti delle vittime sono sempre nel suo pensiero: “Come in quei momenti tragici li abbiamo in tutti i modi possibili abbracciati, penso ai miei sacerdoti che sono stati tutta la notte a vegliare i defunti, al funerale che è stato composto, raccolto nonostante la grande folla e la grandissima emozione di tutti. Genova non vuole che si sentano soli. Tutto quello che è possibile fare ancora vorremmo che si realizzasse intorno a loro”.