Nel PD è risorto Matteo Renzi, offuscando il timido segretario, Nicola Zingaretti. Tra i Cinque Stelle, si è rinvigorito, finanche nei toni, un claudicante, Luigi Di Maio. Nel centro-destra, Silvio Berlusconi ne ha abilmente approfittato per tentare di restituire centralità ai moderati nell’ambito di una alleanza troppo sbilanciata sulla più naturale intesa Lega-Fratelli d’Italia.
Fortunatamente, a tenere la barra dritta c’è stato e c’è il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale, per nulla avvezzo a protagonismi di sorta e attenendosi fedelmente al dettato costituzionale, stringe i tempi onde verificare se esistono le condizioni per proseguire la legislatura e conferire l’incarico al successore di Giuseppe Conte, o in subordine, per sciogliere le Camere e indire elezioni anticipate, con tutto ciò che ne consegue.
Un passo falso, quello compiuto dal capitano, che ha generato sia un deleterio effetto domino che un pericoloso effetto boomerang.
Se, al di là dei soliti tatticismi, dovesse prendere forma un governo giallo-rosso il merito non sarà, dunque, di Di Maio e neppure del duo Renzi-Zingaretti, ma piuttosto sarà il prodotto della inopinata fuga in avanti di mezza estate di Matteo Salvini.