A volte per ottenere la libertà bisogna agire in modo deciso. Come ha fatto Rocco Hunt, che di fronte ad alcune perplessità (non dice di chi, ma sembrerebbe facile pensare alla sua casa discografica) per il nuovo disco Libertà, a metà luglio ha annunciato di ritrarsi dalla musica: “Ho troppe pressioni e forse è arrivato il momento di mollare tutto e darla vinta a tutte le persone che vorrebbero la fine della mia musica”, aveva annunciato. Oggi è qui a festeggiare Libertà, che esce venerdì 30 agosto. Era un gesto di istinto, ma ha sbloccato la situazione, giuro che non era per farmi pubblicità”. C’è da credergli, considerato che in pochi anni il musicista si è saputo guadagnare credibilità per la schiettezza nel parlare della situazione politica e sociale e per la sincerità: una mossa promozionale di questo genere stonerebbe col personaggio. Che anche stavolta non delude, con un album che segna un ritorno al rap, da cui si era un po’ distaccato nell’album Signor Hunt, e che viene arricchito da altri sound: il neo-soul e la trap di Nun me vuò bene cchiù, e il synth-pop di Discofunk.
Resta l’impegno, come nel brano che dà il titolo al disco, di opposizione al sistema della tv coi monologhi dei politici e a un sistema sociale che ci vuole tutti schiavi. Con la promessa di candidarsi presidente del Consiglio (potrebbe essere un ideale punto di mediazione tra 5stelle e Pd, a ben pensarci) con questo programma: “Dess a fatic a tutt quant / Pe seconda cosa ossaje legalizzass sta piant” (“darei lavoro a tutti, e per seconda cosa sai legalizzerei questa pianta”, inutile dire quale).
Fonte Repubblica