Oggi, quella vitalità non c’è più. E, forse, neppure la fiducia. E’ solo migliorata la qualità degli immobili per interventi di recupero che sono rimasti, però, colpevolmente incompiuti.
Purtroppo, una evidente smagliatura del tessuto commerciale ne sta decretando il progressivo declino accrescendo una sensazione di abbandono a mano a mano che ci si addentra nei vicoli e negli slarghi. A via Botteghelle e a via Masuccio (dei ‘cas-cavall’), i negozi aperti si possono ormai contare sulle dita di una mano.
Ma il fenomeno è diffuso. Non c’è quartiere che sia privo di vetrine smunte e cartelli di locazione a prova dello ‘spopolamento’ in atto delle attività commerciali.
Non è necessario elencare le cause. Le conosciamo tutte: dalla crisi dei consumi alla realizzazione di Centri Commerciali sovradimensionati, dalla trasformazione dell’area industriale in commerciale alla crescita esponenziale degli acquisti sul web.
Appare necessario, invece, individuare le soluzioni, poiché le dimensioni del problema sono tali da alimentare serie preoccupazioni sulle prospettive della Città.
A nostro parere, entrambe le proposte sono inefficaci. Spieghiamo il perché.
Da anni, ormai, il settore commerciale si è ‘infilato’ in un circolo perverso divenendo ‘causa ed effetto’ della fase di stanchezza che oggi pervade la Città comprimendo passioni, vitalità ed entusiasmi
Così, in un contesto di crescenti difficoltà, si sono concretizzate due sostanziali modifiche che hanno coinvolto l’aspetto strutturale e quello comportamentale.
In primo luogo, le attività più sensibili, quelle storiche della qualità, della tradizione, dell’arte e della cultura, hanno gettato la spugna e sono state sostituite da negozi ‘fotocopia’ di ‘abiti e lustrini’, da gelaterie e bar, da locali per cuoppi e fritti, fino ad arrivare alle panetterie e alle paninoteche. Di recente, una di queste è stata festeggiata quale simbolo della rinascita della Città. Certo. Nella nuova veste di parco-giochi.
In un monotono e grigio scenario quotidiano, abbiamo perso le nostre peculiarità, le nostre individualità, le nostre capacità, le nostre fantasie. Siamo senza anima, senza identità e senza immagine.
In secondo luogo, sono cambiate le modalità di acquisto da parte dei consumatori con il consolidamento di un forte orientamento verso scelte ‘ragionate’, basate sul confronto immediato tra articoli, qualità e prezzi. Oggi, nella maggior parte dei casi, non si acquista per istinto del momento, ma solo per comparazione, per convinzione e per convenienza.
Di fatto, il commercio muore non perché la gente abbia smesso di acquistare, ma semplicemente perché ha smesso di acquistare in Città e ha ricercato altrove la sua soddisfazione. I Centri Commerciali, anzitutto, ma anche Cava, con i suoi negozi storici, o Battipaglia, sono divenute le mete di riferimento per molti.
Se questa è la verità, come pensiamo sia, nuovi posti auto o, all’opposto, una più ampia area pedonale, non sono soluzioni, neppure palliative, perché ‘agevolare il passeggio non significa invogliare all’acquisto’. A meno che il discorso non sia ristretto alle sole attività di intrattenimento e ristorazione.
Non lo diciamo noi. Studiosi di economia e tecnici concordano nel ritenere che, per la ripresa del commercio urbano, siano necessari provvedimenti strutturati e articolati, in campo urbanistico e in quello amministrativo, idonei a trasformare una ‘pluralità di offerte’ in una ‘offerta plurima’ secondo le modalità operative dei Centri Commerciali. Si avrebbero i medesimi vantaggi per i consumatori, quanto a scelte e prezzi, e per gli operatori, quanto a margini economici anche per la condivisione di costi fissi comuni.
Certo. Non sono cose semplici.
Bene. Il 21 prossimo, ad Agropoli, si inaugurerà il primo ‘Centro Commerciale Naturale’.
Non sappiamo come sia stato organizzato. E confidiamo non sia una semplice operazione di marketing. Un intervento di ‘facciata’. Però, è significativo che dalla Provincia ci arrivino gli insegnamenti. Onore, a loro. Vergogna, a noi.
In effetti, la creazione di questi ‘aggregati commerciali urbani’ richiede tavoli di discussione e tavoli di progetto tra pubblico e privato, accordi, disponibilità a collaborare e a condividere, volontà comuni. E poggia, soprattutto, su un ridisegno urbano che ne agevoli la migliore realizzazione.
Chissà. Forse è per questo che, da noi, non se ne parla neppure.
Perché, da noi, predominano l’egoismo di chi pensa al proprio orticello e il fatalismo di chi non crede neppure in se stesso, prevalgono l’ignoranza e la chiusura verso formule avanzate di ‘contrapposizione collaborativa’ e mancano le volontà per vere scelte di urbanistica commerciale.
Abbiamo fatto proposte nei precedenti commenti del 06/12/2017, del 21/02/2018 e altre volte ancora. Non ci ripetiamo.
Certo, continuare a vendere cuoppi, fritti, patatine e ‘tricche-tracche’ è più semplice. Ed è anche più semplice gridare, per strada: è arrivato l’arrotino!
Ma questo non da dignità alla Comunità, non fa crescere la Città e non offre neppure un futuro ai giovani.
e.mail: associazione.iosalerno@gmail.com
pagina fb: Associazione io Salerno
P.S.: Riprendiamo l’appuntamento settimanale del Mercoledì. Confidiamo di riuscire ad offrire, per un anno ancora, il nostro modesto contributo di idee per favorire l’auspicato risveglio della Città.
Grazie.