Nell’articolo (http://www.operaomniacraxi.it/articoli/articolo14.html), lungo cinque cartelle dattiloscritte, il segretario dice di “un aspro travaglio (da cui nasce la legislatura) che il post-elezioni ha reso ancora più acuto … (questo stato delle cose allarga) il fossato della sfiducia che separa ed allontana i cittadini dalle istituzioni … (per cui si rende ormai necessaria a giudizio di chi scrive) una grande Riforma … che abbracci insieme l’ambito istituzionale, amministrativo, economico-sociale e morale”. Né più né meno, considerati gli intervenuti mutamenti storici, ciò che si potrebbe dire anche oggi circa lo stato e il destino della nostra Italia.
Ghino di Tacco, chi era costui? Di certo un brigante, rampollo di una famiglia nobile toscana, dipinto da Boccaccio come una sorta di Robin Hood ante litteram. Alla sua morte, Benvenuto da Imola disse che “non fu infame come alcuni scrivono (…) ma fu uomo mirabile, grande, vigoroso” (https://it.wikipedia.org/wiki/Ghino_di_Tacco).
In alla fondazione di un suo nuovo schieramento, dal nome “Italia Viva”, sia il Corriere della sera che La Verità hanno appellato Matteo Renzi esattamente allo stesso modo: Ghino di Tacco. Appellativo che, già in passato, gli avevano riservato La Repubblica, Il Manifesto e Il Fatto Quotidiano. In ordine alla presentazione di quello che potrebbe diventare un nuovo partito, Renzi ha dichiarato innanzitutto e soprattutto ribadito che “il partito novecentesco non funziona più”. Inoltre, non è sfuggito ai più che il nome del nuovo partito echeggi in tutto e per tutto sia l’omonimo slogan di una campagna elettorale dell’originario Pd a guida Veltroni, sia l’intitolazione di una precedente Leopolda Viva l’Italia viva. E, perché no, anche Viva l’Italia di De Gregori.
Agata Christie diceva che un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova. E in realtà in questa vicenda parallela relativa ai due personaggi citati, oltre ai due indizi già espressi, esiste un terzo indizio, che, più che una prova semplice, dire che costituisca invece ciò che i giuristi chiamano prova regina, ovvero una prova così evidente e schiacciante che vincola il giudizio, in questo caso degli storici e attuali opinionisti della politica.
E cioè, come scrive il giornalista Paolo Franchi a proposito dell’articolo del 28/9/1979 citato, in un ottimo libro appena uscito da Marsilio con l’eloquente titolo Il tramonto dell’avvenire. Breve ma veridica storia della sinistra italiana: “… L’obiettivo dei socialisti era la trasformazione della nostra democrazia discutidora in una democrazia governante di cui si proponevano di essere il soggetto fondamentale. Le reazioni degli altri partiti oscillarono tra il molto freddo e il gelido.
Le più ostili vennero dalla Dc e dal Pci, che nella ‘grande riforma’ evocata da Craxi coglievano suggestioni (dal presidenzialismo a una riforma elettorale in senso maggioritario, o quanto meno un po’ meno proporzionale) intollerabili non solo per i loro interessi politici ed elettorali, ma anche, e prima ancora, per le loro culture politiche e istituzionali”.
Esattamente quarant’anni dopo, siamo quindi ancora qui a discutere esattamente di tutto questo. Per molti, compreso lo stesso Franchi, è discutibile se da allora a oggi nel nostro paese siano stati fatti passi in avanti o indietro. Io ricordo, allora quattordicenne, come eravamo e non ho invece alcun dubbio sul fatto che oggi stiamo complessivamente meglio. Così come, non ho parimenti alcun dubbio sul fatto che potremmo stare molto meglio.
In bocca al lupo al libro di Paolo e all’Italia che avanza!
Angelo Giubileo