Con lui, in Parlamento, Maria Elena Boschi e una pattuglia di altri 14 senatori e 25 deputati, tra cui le ministre Bellanova e Bonetti e il senatore Nencini, presidente del PSI, grazie alla disponibilità del quale a Palazzo Madama si è potuto costituire il gruppo autonomo, “Partito Socialista Italiano-Italia Viva”, a cui aderisce anche la senatrice Conzatti, in rottura con FI.
Nel PD restano, invece, fra gli altri, il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini; il capogruppo al senato, Andrea Marcucci; il deputato, Luca Lotti. Neppure il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha seguito l’amico e predecessore. Personalità che ora sono guardate da chi, con ammirazione e da chi, con un pizzico di diffidenza.
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, informato da Matteo Renzi a scelta fatta, ha espresso fermo disappunto, in particolare per la tempistica. Tanto più perché se tale mossa – nell’aria da tempo – fosse stata fatta prima che componesse la squadra di Governo, gli avrebbe consentito di elaborare un ragionamento più approfondito e di calibrare la sua maggioranza, secondo gli effettivi assetti. Oramai, le repentine contraddizioni e le sortite del rottamatore non dovrebbero stupire nemmeno più. Sarebbe ridondante elencare le più note.
Renzi, inducendo Zingaretti a rincorrere e abbracciare Di Maio, ha favorito lo sblocco di una situazione di ambasce e concorso a determinare la nascita dell’attuale Esecutivo. Tuttavia, se volessimo interpretare gli eventi secondo il pensiero machiavellico, peraltro a lui caro, potremmo rilevare che l’ex premier ha evitato, con le elezioni anticipate, la conseguente decimazione dei componenti il Giglio Magico e dei loro aggregati.
Ragionevolmente gran parte dei suoi compagni di ventura non sarebbero stati ricandidati, o riconfermati. Ed invece, quel “fiore” destinato ad appassire, d’incanto si è rigenerato in un nuovo spazio politico. “Italia Viva” si presenta come un’area liberal-democratica che ammicca ben oltre coloro che simpatizzano per i Dem; tant’è che pure tra le fila berlusconiane c’è stato chi ne ha colto da subito la insidia.
Sul piano strategico, bisognerebbe fare chapeau a Matteo Renzi per la rara abilità; per il guizzo felino con cui è riapparso nel momento più delicato e per come sia riuscito ad imporsi sulla scena e a condizionare l’intero copione. Osservando meglio, però, quanto avvenuto negli ultimi giorni, risulta complicato non restare almeno confusi dalla frenesia degli accadimenti. Fatti che finiscono col disorientare e alimentare la incertezza, non solo nei palazzi, ma soprattutto fra la gente.
Sarà il tempo a stabilire se Renzi sia stato o no capace di indicare una strada conveniente, oltre che per sé e i suoi, anche per il Paese. Il problema è che pazienza e tempo da investire sulla fiducia, l’Italia, quella pulsante, quella verace, pare proprio non ne abbia più.
Tony Ardito
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