Ass. ‘Io Salerno’: Centro commerciale naturale anche a Via Madonna di Fatima

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La cosiddetta ‘Salerno moderna’ vide la luce agli inizi degli anni ‘60, sotto la spinta del ‘boom’ economico, e crebbe velocemente grazie ad un robusto fenomeno migratorio interno sollecitato dalla sua prima industrializzazione.

La Città si allungò seguendo la linea del mare, verso sud, e si allargò lungo la valle dell’Irno, verso est, con fabbricati che crescevano come funghi e che, come funghi, si addensavano gli uni agli altri in assenza di una organica visione di spazi e aree. Furono gli anni del ‘fai da te’ nei quali, per avere una licenza, bastava un disegno e una relazione di un paio di paginette. E, poi, si poteva pure costruire in difformità, tanto al Catasto si depositava di tutto.

Così, lungo le direttrici delle tre strade principali, via Trento-via Posidonia e il Lungomare, da una parte, via Irno, dall’altra, interi quartieri vennero su ‘a casaccio’, senza regole, senza spazi pubblici e senza parcheggi, con fabbricati che consentivano ai dirimpettai di ‘passarsi’ il sale e l’olio o di prendere insieme il caffè nel dopo pranzo.

Non era la ‘Salerno moderna’, era solo la ‘Salerno nuova’, fatta di costruzioni ‘frettolose’, prive di pregio nella estetica e nelle finiture, riproposte ‘in serie’ utilizzando più volte le stesse forme di legno per il getto dei pilastri che si ‘sformavano’ da un giorno all’altro. Per non dire dei solai. Una Città ‘fotocopia’, informe e scadente, realizzata da costruttori attenti solo ai propri portafogli e all’urgenza espressa dalla domanda.

In quegli anni, abbiamo iniziato a perdere territorio e ambiente, beni primari di tutta la Comunità, facendoci contestualmente carico di una grave responsabilità nei confronti di chi, dopo di noi, non avrà né immobili dove vivere dignitosamente né spazi dove convivere adeguatamente.

Senza dire, poi, che la maggior parte dei fabbricati, quella realizzata prima della Legge sulle aree sismiche, la n. 64 del 02/02/74, è stata resa sostanzialmente inidonea dal più alto livello di rischio attribuito all’intero territorio cittadino.

Per questi motivi, la fase di ‘decrescita’ vissuta oggi, che ha causato la perdita di circa 15.000 residenti (da 149.000 del 2005 ai 133.000 del 2018), può costituire una formidabile occasione per rimediare agli errori del passato attraverso l’avvio di un tavolo di confronto tra istituzioni e tecnici per la predisposizione di un progetto di ‘rinnovamento’ del ‘patrimonio edilizio’, in verità non sempre qualificabile come tale.

Ne parleremo in altra occasione.

Ciò che è importante qui rappresentare, è che le aree con indubbie sofferenze urbanistico/edilizie sono tipicamente caratterizzate anche da criticità economico/sociali e che una possibile operazione di ‘liberazione’ dai fabbricati, accompagnata da provvedimenti di ‘urbanistica commerciale’, è la soluzione da molti proposta per ripristinare una soddisfacente ‘qualità della vita’. Quindi, più verde, più luce, più aria, più sole e più cielo, ma anche più negozi e servizi diversamente configurati e organizzati.

E’ questa l’idea all’origine dei progetti denominati ‘Centri Commerciali Naturali’ di cui abbiamo già parlato in precedenti commenti anche formulando, lo scorso Mercoledì, una proposta concreta per contrastare degrado e abbandono nel centro storico.

E’ indubbio che nella nostra area orientale, alla quale ci riferiamo oggi, sono presenti le medesime difficoltà, anche se meglio occultate da una maggiore vivacità indotta dalla elevata densità demografica. Per essa, quindi, può essere utile avanzare una analoga proposta, sebbene opportunamente modellata per le diverse peculiarità e ben differenti caratteristiche ambientali.

In verità, già con il commento del 21/02/2018 (cfr. pagina Fb), riconoscemmo all’area di via Madonna di Fatima la ‘qualità’ idonea alla realizzazione di un Centro Commerciale Naturale ponendola in stretta relazione con un progetto di riqualificazione urbana del quale, purtroppo, si è persa ogni traccia. Come spesso accade, ciò che ‘era stato smosso’, subito dopo ‘è stato rimosso’. Senza un perché.

Ci riferiamo alla ipotizzata creazione di un nuovo viale che, sviluppandosi perpendicolarmente alla linea di costa, avrebbe dovuto mettere in collegamento via Posidonia con il Polo Nautico ‘sventrando’ una fascia dove la forte concentrazione edilizia si accompagna al degrado e allo scadimento della qualità urbana.

Ma la scelta di via Madonna di Fatima fu il frutto anche di una sua concreta specificità: la posizione defilata, estranea ai flussi veicolari urbani, rende possibile lo ‘scombussolamento’ delle abitudini di vita del quartiere e di quelli limitrofi senza alcuna conseguenza sulla mobilità generale dell’intero territorio.

Così, dopo la proposta di via Popilia, in centro, ci sembra doveroso ripresentare quel progetto.

Sotto l’aspetto urbanistico, si tratta di ri-sagomare l’intero viale compreso tra la Chiesa e la Associazione Industriali per trasformarlo in un ampio percorso pedonale dotato di nuova pavimentazione, panchine e arredo, luci a tema, piccole zone con giochi per bimbi e “scherzi d’acqua”, fontane e alberi. L’intervento dovrebbe essere esteso alle traverse con maggiori intrecci viari per eliminare ogni riferimento stradale e ottenere un’unica area di alta qualità e vivibilità.

In questo contesto, il grande viale tra via Posidonia e il Polo Nautico apporterebbe spazi a supporto della mobilità complessiva e, grazie all’apertura della direttrice verso il mare, consentirebbe al quartiere di divenire un sicuro attrattore turistico con la diversificazione dell’offerta commerciale a servizio dei flussi balneari e di quelli del settore diportistico.

Dal punto di vista edilizio, oltre alla ripresa di fabbricati, portoni e facciate, deve essere assicurata la riapertura dei locali abbandonati da anni e assegnata una nuova dignità alle diverse zone a ‘porticato’ con l’insediamento di ulteriori attività quali: librerie, negozi di arte, uffici e servizi, ludoteche, locali di socializzazione, il ‘pianoforte di piazza’, botteghe per lo sport, la nautica, l’artigianato della tradizione marinara. I locali di maggiori dimensioni potrebbero essere utili per la coabitazione di differenti tipologie sia ai fini di una ‘offerta plurima’ che per esaltare i vantaggi della condivisione dei costi.

Dal punto di vista del marketing, è necessario sviluppare accordi tra gli operatori per una sinergica combinazione e collaborazione basate sulla comunione degli spazi e dei servizi amministrativi, finanziari, commerciali e di pulizia, nonché su campagne promozionali sostenute da eventi e manifestazioni di quartiere.

Benché espressa in modo sintetico, non è una ‘impresa impossibile’. E, come abbiamo già visto, non lo era neppure per il centro storico.

Noi pensiamo che con progetti, idee, stimoli ma, soprattutto, con un forte impegno da parte di operatori economici, tecnici e amministratori, sia veramente possibile dare vita ad una diversa realtà urbana, moderna, viva, allegra, colorata, positiva, turistica, europea, con la qualità giusta per una Città migliore.

In questo senso, la realizzazione di almeno tre CCN, a nord, a sud e a est, può essere la soluzione. Con oggi, abbiamo proposto i primi due, la prossima settimana parleremo del terzo.

Salerno deve vivere. Non può limitarsi a sopravvivere. Abbiamo, tutti, il dovere di offrire una speranza alle future generazioni.

Questa Città ha bisogno di amore.

e.mail: associazione.iosalerno@gmail.com

pagina fb: Associazione io Salerno

2 Commenti

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  • Si tratta di una proposta lodevole e degna di essere presa in considerazione da operatori pubblici e privati. Un siffatto Cento Commerciale Naturale rappresenterebbe effettivamente un polo di attrazione di “alta qualità e vivibilità”. E per renderlo competitivo con i Centri Commerciali normali, che offrono la comodità di parcheggi normalmente disponibili, una analoga struttura andrebbe prevista anche per l’area Madonna di Fatima rimodellata.
    C’è poi un’altro aspetto da prendere in considerazione. A destra e a manca di questa isola felice resterebbero, quali cornici deturpanti, gli infelici insediamenti urbani che vanno da Torrione a Mercatello, frettolosamente costruiti negli anni ’50 e ’60, senza la benché minima visione di come organizzare una decente area abitativa, compresa la viabilità interna e di raccordo con quelle esterne.
    Per non parlare di quanto realizzato sul prospiciente fronte del lungomare.
    Solo un novello Aga Khan, con una intelligente opera di abbattimenti e ricostruzioni, potrebbe ricreare una situazione degna di rispetto per aspirare ad avere un’area all’altezza delle aspirazioni turistiche che da più parti vengono invocate.

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