La norma votata la scorsa settimana modifica la Costituzione. È la medesima Carta a prevedere che devono trascorrere tre mesi entro i quali un quinto dei parlamentari, cinque Consigli regionali o cinquecentomila elettori possono richiedere che i cittadini si esprimano per confermare o smentire quanto stabilito dal Parlamento.
Per il leader del M5S, Luigi Di Maio, è una vittoria che rappresenta un vero e proprio feticcio. Una battaglia, quella del taglio delle poltrone e del relativo costo, considerata un punto d’orgoglio dai pentastellati.
Un risultato che naturalmente ha fatto presa fra la gente, ma che non può limitarsi alla prevalente stima di un mero dato aritmetico. Basti pensare che ciò che risparmieremmo in un anno per effetto di tale ridimensionamento, per quanto indiscutibilmente rilevante, equivarrebbe a meno dell’importo di uno solo dei 90 aerei caccia F35 acquistati dal nostro Paese.
È una tematica assai complessa che, al di là dei facili proclami, merita una esegesi accurata, anzitutto, sul senso e valore della democrazia rappresentativa e su come conferire maggiore e migliore efficienza alle nostre Istituzioni ed alle loro articolazioni.
Ma attenzione a catalogare nella voce “costi” l’esercizio della democrazia; diverso è prevenirne e combatterne adeguatamente ogni abuso e degenerazione, sulla qual cosa i partiti dovrebbero provare, anzi riuscire ad essere meno demagogici e vacui e più determinati ed incisivi.
Ad esprimere dubbi e perplessità sulle ragioni della scelta, pure una indiscussa autorità della materia, quale il giudice emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese, secondo cui ad ispirare la riforma oltre alla motivazione risibile del risparmio, “c’è un secondo motivo un po’ nascosto: un attacco alla Repubblica parlamentare, cioè alla Repubblica rappresentativa”.
Sull’argomento si sarebbe potuto agevolmente evidenziare che da 50 anni in Italia, agli attuali 945, si sono aggiunti altri 900 legislatori, distribuiti nei 20 Consigli regionali – di cui cinque a statuto speciale – con funzioni, sebbene circoscritte, sostanzialmente speculari.
Sarebbe bastato accendere i riflettori su questa considerazione e puntare sulla possibilità di raccordare successivamente l’attività delle Camere e quella dei parlamentini delle Regioni per offrire alla opinione pubblica, e non solo, una diversa e più opportuna chiave di lettura.
Ben vengano, allora, iniziative volte ad eliminare ogni sorta di spreco, ma vigiliamo affinché, svanito il comprensibile clamore, nei fatti, le uniche ad essere sprecate non risultino, invece, la tutela dei diritti del cittadino e la cosa pubblica, anche perché, in tal caso, il danno causato sarebbe molto più consistente di un qualsivoglia risparmio.
Tony Ardito
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