Se oggi il Comune non riesce più a garantire i servizi essenziali, il futuro non sarà certamente più roseo. Sono in totale 116 i dipendenti che andranno in pensione alla fine del 2019, tra quota cento ed ex legge 285 (quella che prevede la possibilità di riscattare la laurea). E per il 2020, i «prenotati» ufficiali sono 69, ma già ammontano ad ulteriori trenta le richieste non ancora protocollate. Le categorie drasticamente ridotte sono le B (cioè gli operai) e in particolare le C e le D (impiegati e funzionari). Le ragioni della diaspora sono antiche: da tempo, come denunciato dalle organizzazioni sindacali, la pianta organica è ridotta all’osso (si è passati da 2400 dipendenti del 2006 agli attuali 860) e chi è restato in servizio si è trovato gravato da una parte di una mole immensa di lavoro, dall’altra delle proteste degli utenti, progressivamente sempre più insoddisfatti per la lentezza dei servizi erogati. «A partire dal primo gennaio rischiamo di chiudere il cimitero – denuncia Gerardo Bracciante della Uil – Tre unità andranno in pensione e tra tecnici e amministrativi resteranno solo in due: un numero ridicolo per poter garantire il disbrigo delle pratiche». Non va meglio al servizio Anagrafe che, per via dell’esiguità del personale (da 90 si sono ridotti a 30), sta mano a mano chiudendo le sedi: attualmente restano operative quella di via Roma, la struttura di Pastena e un giorno a settimana Giovi e Ogliara. Nel servizio Igiene urbana, dove fino a dieci anni fa erano impiegate trecento unità, sono rimasti in trenta, la maggior parte dei quali over sessanta, che attendono di confluire in Salerno Pulita dopo l’ulteriore demansionamento delle attività legato alla città sempre più sporca. I Settori in affanno, storicamente, i Servizi sociali, mentre il settore Manutenzione rischia il tracollo: «Erano duecento e sono rimasti in dieci – incalza il sindacalista – È evidente che non si può più provvedere alla cura del bene pubblico e che, perfino in emergenza, ci si trovi in enormi difficoltà». Uno dei capitoli più neri è rappresentato dall’ufficio condono: sono infatti più di diecimila le pratiche che da anni giacciono sulle scrivanie in attesa di essere esaminate. Un dato che non penalizza solo i cittadini, ma anche gli stessi interessi di Palazzo di Città, se si considera che con i fondi degli abusi da legittimare e la relativa coda obbligatoria di Tasi, Imu e Tarsu che all’epoca dei faldoni da verificare, erano ancora pienamente in vigore, si potrebbero rimpinguare le ormai magrissime casse pubbliche. Nella maggior parte dei casi, infatti, non parliamo di documentazione recente, ma di fascicoli che hanno anche trent’anni di vita e che risalgono al primo condono edilizio del 1985. Il personale in servizio, quando va bene, non riesce a chiudere più di 350 pratiche l’anno e di questo passo l’arretrato è destinato a restare tale. «Le assunzioni del concorsone della Regione Campania – continua Bracciante – purtroppo non risolveranno il problema. Si parla di duecento unità, mentre per andare a regime ne occorrerebbero almeno 450. Inoltre, il sistema prevede un lungo periodo di formazione, quindi non potremmo contare nell’immediato su figure operative, né ci sarà vecchio personale a sufficienza in grado di operare il passaggio di testimone». LA POLEMICA La Uil punta il dito contro le scelte del passato, «quando, nonostante il blocco delle assunzioni, era possibile tirare a bordo il 25 per cento sulla quota di chi andava in pensione, invece si è preferito fare cassa su quanto si risparmiava dagli stipendi». Per dare qualche dato, sui 116 dipendenti che saranno a riposo dai primi giorni del 2020, Palazzo di Città risparmierà almeno 3 milioni e 600mila euro annui. «Penalizzando i cittadini che non potranno godere di alcun servizio – insiste il sindacalista – Ecco perché ripetiamo da anni che è necessario stilare un piano delle emergenze e provvedere a rimpinguare la pianta organica»
Fonte Il Mattino