Intervenivano, nel mentre, alcuni passanti che mi consigliavano di “lasciar stare”, evidentemente ben conoscendo la “qualità” del soggetto. Tentavo, per altro inutilmente, di mettermi in contatto con la polizia urbana, ma, constatata l’assenza di fratture o lesioni, non potevo contrastare l’allontanamento del conducente.
Invece, dopo circa un’ora, iniziai a sentire un lancinante dolore costale: avevo subito un trauma contusivo emitoraceo al fianco destro, per il quale venivo ricoverato in ospedale, e per circa un mese sono stato accompagnato da un dolore fastidioso, che richiedeva ulteriori cure sanitarie.
Nei termini di legge, ho provveduto ad esporre i fatti all’Autorità inquirente, anche per ottenere il risarcimento da parte del Gestione Danni del Fondo di Garanzia (essendo l’autovettura non coperta da assicurazione), richiesta che veniva disattesa in assenza di referto della polizia municipale. Solo sul finire del 2019 (dopo sette anni dall’accaduto), sono venuto a conoscenza, a seguito di rituale convocazione, del relativo procedimento penale innanzi al competente Giudice di pace, cioè quando il reato era prescritto.
Per evitare facili fraintendimenti, preciso che non rileva la qualità soggettiva del mio investitore (qualificatosi, da solo, come “zingaro”, e già questo la dice lunga su come qualcuno ritenga di essere sottratto alla legge ovvero all’obbligo civile di assicurare la propria autovettura), ma soprattutto mi viene un dubbio: come può un auto circolare senza la copertura assicurativa obbligatoria ? come è possibile che questa autovettura, per tanti anni, non sia stata mai fermata ad un posto di blocco, tra i tanti che vediamo sulle nostre strade ? come è possibile che una cittadina, di diverse decine di migliaia di abitanti, alle 18.30 non abbia un presidio di polizia municipale, capace di intervenire a fronte della richiesta di un cittadino ? Domande che, ovviamente, restano senza risposta.
Questo episodio, però, resta la dimostrazione evidente dello “stato della giustizia” in Italia: sette anni per iniziare un procedimento che in altri Paesi civili avrebbe richiesto pochi mesi, ciò comportando l’intervenuta prescrizione del possibile reato, e conseguente negazione del diritto a ricevere un risarcimento (è inutile, poi, dire che per evitare plurime ed inutili convocazioni innanzi al Giudice di Pace, comportanti un’incredibile perdita di tempo, ho finanche rimesso la querela verificata l’intervenuta estinzione del reato).
Orbene, qui non si discute della prescrizione, posto che è un diritto dell’imputato o dell’indagato, oltre che delle parte offesa, di veder celebrato un processo in tempi ragionevoli, ma delle disfunzioni della giustizia. E’ questo il vero dato che è opportuno rilevare e non, come vorrebbero i giustizialisti dell’ultima ora, quello della prescrizione, posto che non si può tenere “sotto un processo” un cittadino per un tempo illimitato.
Non si tratta di introdurre nuove regole processuali, sempre macchinose e con pochi obbligatori adempimenti da parte di chi dovrebbe esercitare l’azione penale o di chi dovrebbe, di conseguenza, giudicare, ma di individuare, con accortezza e competenza, nuove regole organizzative.
E il problema non riguarda solo la giustizia penale ma, e direi soprattutto, quella civile (nella mia esperienza quarantennale di avvocato, ancora sono costretto a seguire cause che durano da oltre venti anni !!).
Il tentativo che questo governo persegue in tema di giustizia è solo orientato a dare impulso agli istinti più retrivi dell’elettorato (che vuole sempre e comunque “un colpevole”), in tal modo disinteressandosi dell’efficienza e dell’efficacia della sanzione penale e dell’accertamento delle responsabilità nel quadro dei principi costituzionali della presunzione di innocenza e del “giusto processo”. L’attenzione, così, si appunta solo ed esclusivamente su un falso problema: quello della prescrizione.
di Giuseppe Fauceglia